RomaL’imputato Brachino è sotto assedio ma non molla. Previa le scuse personali al giudice Raimondo Mesiano, oggetto del servizio incriminato sui calzini turchesi, il direttore di Videonews è tornato ieri mattina sull’argomento. Ai telespettatori ha ripetuto il concetto sviluppato sulle pagine del Giornale. «Mi impegno a non trasmettere più quelle immagini - ha detto nel suo editoriale a Mattino 5 - cosa che dovrebbe fare anche chi indignato mi critica e, criticando, le ritrasmette in continuazione, dalla Sky di Murdoch a Raitre». Poi la precisazione: «Noi non pediniamo nessuno, intendevamo solo parlare di un personaggio ormai pubblico». Prende le difese dell’autrice del servizio, Annalisa Spinoso, pure lei finita nel tritacarne: «La giornalista autrice del pezzo da venerdì scorso è oggetto di pressioni e di insulti - ha rivelato Brachino -. Non ha fatto nulla di osceno e la responsabilità giornalistica del pezzo è mia». Peggio: per la redattrice c’è l’anticamera del linciaggio: «Il cellulare della Spinoso è finito sui blog, anche quelli politicizzati. Se si grida alla violazione della privacy allora vale per tutti; anche la privacy della mia giornalista è stata violata. Allora chiedo al nostro sindacato nazionale, l’Fnsi, di intervenire e aspetto già da questa mattina la solidarietà del presidente Roberto Natale alla nostra Annalisa Spinoso». Solidarietà che in effetti arriva poco dopo: «Nemmeno la critica più radicale alla fattura del pezzo, che ha suscitato infatti anche le ferme prese di posizione dei colleghi Mediaset, può legittimare insulti e minacce: né alla collega che ha firmato il pezzo, né al direttore di Videonews, Claudio Brachino», è la nota del presidente del sindacato dei giornalisti. Brachino, tuttavia, non s’è fatto intimidire dalle accuse che l’hanno investito e al magistrato Mesiano ha ribadito l’invito: «Venga in trasmissione a raccogliere le scuse e rispondere a tre domande: se la sua promozione degli ultimi giorni sia da mettere o meno con la sentenza sul caso Cir; se le legittime idee politiche di un magistrato non siano comunque in grado di influirne gli orientamenti; se non sia «stravagante» che abbia deciso sul caso Cir senza nemmeno affidarsi ad una perizia tecnica».
Ma la giornata di Brachino è stata lunga, forse una delle più lunghe della sua carriera. La scintilla l’ha accesa Pietro Suber, dimessosi dal cdr, poi seguito dagli altri due suoi colleghi. Ieri un’infuocata assemblea di redazione è terminata con un documento sottoscritto da tutti in cui si dice che «non portiamo nessun elmetto e vogliamo poter fare il nostro mestiere nel rispetto della nostra coscienza, delle nostre convinzioni politiche (che sono varie e diverse) e del dovere di informare correttamente il pubblico». Il tutto mentre nelle altre redazioni Mediaset montava la protesta. Una lagnanza nei confronti di Brachino che però, visto il seguito esiguo, si starebbe meditando di estendere agli altri dipendenti Mediaset.
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