La lunga notte dei batteristi Tullio De Piscopo: «Siamo tutti un po’ pazzi»

«Per diventare batteristi bisogna essere un po' pazzi e avere naturalmente senso del ritmo. Oltre all'istinto, che è decisivo, è importante però studiare, perché lo strumento è molto difficile, e suonare più che si può. Senza aver paura di rompere le scatole ai nonni, di portare all'esaurimento la mamma e degli esposti dei vicini. Come quelli che ricevo anche qui nella mia scuola di batteria, la Namm di via Ponte Seveso». Detto da Tullio De Piscopo, 63 anni, napoletano verace trapiantato a Milano, uno dei musicisti che hanno fatto la storia della batteria e delle percussioni in Italia e che ha trasformato lo strumento da mero mezzo di accompagnamento ritmico a vero e proprio strumento solista, c'è da credergli.
Figlio e fratello d'arte («sono praticamente nato con le bacchette tra le mani: mio padre Giuseppe suonò la batteria nella grande orchestra napoletana diretta da Giuseppe Anepeta, mentre mio fratello Romeo in quella della Nato a Bagnoli», ricorda), jazzista nell'anima ma musicista a 360 gradi, nonché insegnante da quasi 30 anni, De Piscopo è tra gli ideatori della «Lunga notte della batteria», la maratona giunta alla decima edizione, di scena domani sera al Teatro Dal Verme. «Mi fa piacere che questa iniziativa nata un po' in sordina per ricordare il jazzista Enrico Lucchini - un amico, un grande musicista e un altrettanto grande didatta - sia cresciuta a questi livelli. Un pensiero che credo sia condiviso anche dagli altri colleghi che hanno sposato da subito il progetto come Paolo Pellegatti, Christian Meyer, Maxx Furian, Ellade Bandini e Walter Calloni. Tutta gente che sarà presente domani assieme ad altri giovani promettentissimi batteristi come Matteo "Mammolo" Mammoliti, Gaetano Fasano e Bruno Farinelli».
«Anche stavolta durante le tre ore di show, che spazieranno dal jazz al rock passando per il funky e il blues - continua De Piscopo -, i vari solisti cercheranno di dare il massimo potendo contare sul supporto di una grande "house band" di cui fanno parte i pianisti Luigi Bonafede e Fabrizio Bernasconi, i sassofonisti Emanuele Cisi, Giancarlo Porro e Pietro Tomolo, il chitarrista Sandro Gibellini e Marco Micheli al contrabbasso». Da autentico stakanovista della musica, De Piscopo non si ferma mai: «Il jazz è la mia passione, ma amo sperimentare. Ho appena realizzato un disco strumentale che si intitola "Tango para mi suerte" nel quale mi confronto con una percussione dello Sri Lanka. Intanto, sto già programmando i concerti che farò quest'estate con il mio sestetto in giro per le piazza d'Italia. Piazze di provincia, dove i soldi ci sono ancora, perché nelle grandi città la festa è finita». L'occasione giusta per riascoltare anche le sue fortunate incursioni nel canto e nella musica commerciale come «Stop bajon», quasi un antesignano del rap in Italia, o l'intramontabile «Andamento lento»: «A questo brano sono legatissimo - precisa -. Quella canzone mi ha dato e mi continua a dare tanto anche dal punto economico. Ricordo che con i primi soldi ho realizzato un sogno: comprarmi una Mercedes». Il musicista napoletano, una carriera lunga oltre 40 anni, è stato al fianco anche del miglior Pino Daniele, ma non nasconde che la reunion dello scorso anno gli ha lasciato tanto amaro in bocca: «Era meglio non farla.

Non bisogna mai dare retta ai produttori. È stata un flop e per di più l'evento è stato mal gestito. In aggiunta c'erano troppi "pruriti antagonistici" nell'aria. Se abbiamo litigato tra di noi? No, d'altronde che cosa vuoi litigare a questa età».

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