Lungo il Tevere la «fortezza» dei romeni

Un migliaio di persone in prossimità della Roma- Fiumicino, su un terreno di proprietà dell’Anas

Lungo il Tevere la «fortezza» dei romeni

Cinque chilometri di baracche e di tende abitate da più di mille persone, fra cui circa 150 minorenni. Sono i numeri del vasto insediamento, composto da romeni, che sorge lungo il viadotto della Magliana, sulla sponda destra del Tevere e in prossimità della Roma-Fiumicino, su un terreno di proprietà dell’Anas. «L’insediamento - riferisce una fonte che tiene a rimanere anonima - si è formato oltre un anno fa e negli ultimi mesi ha raggiunto le attuali vaste proporzioni. I rischi per i suoi abitanti sono evidenti non solo per la prossimità al fiume dell’insediamento e non solo per la totale assenza di acqua potabile, ma anche per il largo uso di bombole a gas utilizzate nel campo».
E sembra impossibile, per ora, un rapido intervento delle forze dell’ordine, «sia per l’entità dell’insediamento, che per alcune barriere costruite ad hoc, come veri e propri muretti in calcestruzzo che non permettono il passaggio all’interno del campo con mezzi a motore. Per procedere allo sgombero - dice ancora la fonte - si dovrà attendere l’intervento del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza». A pagare il prezzo più alto per ora è l’ambiente fluviale: montagne di rifiuti si accumulano sugli argini del Tevere e fra questi vi sono anche i cumuli di guaine di plastica che rivestivano i fili di rame rubati nella capitale. Le discariche abusive dei campi nomadi scavano nel terreno delle sponde, utilizzando le pendenze naturali delle piccole colline lungo il fiume per creare torrenti di immondizia che scorrono in modo continuativo, proprio come un corso d’acqua, e si depositano sul letto del Tevere o vengono trascinati via dalla corrente. Il danno ecologico è visibile solamente se si naviga il fiume dal ponte della Magliana alla Magliana Vecchia.
Dalla strada, sia questa la Magliana o l’Ostiense, è impossibile vedere: copre tutto la vegetazione e poi la baraccopoli, che occorrerebbe attraversare fino alla sponda. E fa davvero impressione vedere l’enorme quantità di guaine di plastica ammassate sulle sponde: tubi lunghissimi che rivestivano i fili di rame rubati lungo le linee della corrente elettrica o di quelle ferroviarie e rivenduti al mercato nero per essere riciclati. Guaine di plastica dura per la cui biodegradazione occorrerebbero mille anni.
«Il Tevere - afferma a questo proposito Gianpaolo Montinaro, naturalista esperto dell’ambiente fluviale - anche dopo Roma e quasi alla foce, è un fiume biologicamente vivo, popolato da un’incredibile varietà di specie animali e vegetali: al suo interno si trovano pesci siluro, gatto, lucci, tinche, anguille, molte di più, queste ultime, che in altre parti d’Italia. Lungo il tratto finale del suo percorso vi sono uccelli come il cormorano, la cui presenza, massiccia, è indice della buona quantità di pesce, l’airone, il martin pescatore, il gabbiano reale, la gallinella, il falco, il germano reale».

E poi è presente l’attività umana eco-compatibile, come quella degli ultimi pescatori d’anguille, che esportano i loro prodotti nei vivai di mezza Europa. La natura resiste a stento e cerca di sopravvivere lungo l’ultimo tratto di Tevere prima del mare.

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