L'uomo parte del tutto

Fare ricerca senza l'impiego di animali è possibile. Lo dimostra il Professor Pier Mario Biava che per i suoi studi sulla crescita tumorale si serve delle colture cellulari nel rispetto del regno animali e per una cultura ecologista

L'uomo parte del tutto

Il nostro mondo è un tutto legato al tutto, ogni essere animato e inanimato, ogni particella fa parte di una rete ecosistemica imprescindibile dal resto. Viviamo in un’era moderna costellata da ogni tipo di innovazione, ma troppe volte ci dimentichiamo come siamo giunti al progresso. La ricerca scientifica, in particolare, negli ultimi anni ha fatto passi da gigante e sta regalando benessere a tutta la società.

Purtroppo per arrivare a suddetti risultati nel corso degli anni e delle sperimentazioni sono stati fatti brutali esperimenti sacrificando in primis il mondo animale. Sappiamo che soprattutto agli albori della ricerca, l’animale era molto utilizzato in laboratorio e sappiamo che nella maggior parte dei casi tali bestiole hanno patito ogni genere di sofferenza. In passato forse questo tipo di ricerca è stato necessario, ma oggi non lo è più. Oggi è possibile condurre molti studi grazie all’utilizzo delle colture cellulari in vitro senza l’impiego dell’animale in laboratorio, il quale inoltre non ha mai garantito la certezza del risultato in quanto seppur simili, non è detto che le risposte animali siano uguali a quelle antropiche.

A tal proposito ho trovato di grande intelligenza e sensibilità un capitolo del libro "Il cancro e la ricerca del senso perduto", scritto dal Dott. Pier Mario Biava, medico del lavoro e affermato ricercatore italiano. Negli anni ’80 avviò una serie di importanti ricerche, mosso da brillanti intuizioni, sulle malattie tumorali. Nelle primissime sperimentazioni per verificare l’idea centrale secondo la quale nel corso del differenziamento in gravidanza esisterebbero sostanze in grado di controllare la crescita tumorale, fu costretto a sacrificare sebbene a malincuore, dei topolini.

La descrizione della realizzazione di questo progetto che si svolse presso l’Istituto di farmacologia a Trieste (città presso la quale , a quel tempo, era medico del lavoro), dopo aver recuperato, non senza fatica, i finanziamenti necessari da un’azienda farmaceutica, è molto empatica e ricca di particolari. Dalla lettura si percepisce chiaramente che fu costretto ad usare l’animale e il compromesso al quale egli stesso dovette sottostare, ripromettendosi che, se i primi test avessero dato esito positivo avrebbe continuato in altro modo. E così fu.

Da allora continua i suoi studi senza l’impiego di animali e servendosi delle colture cellulari, conseguendo notevoli risultati. E’ stato l’unico episodio di una brillante carriera da ricercatore in cui vinse la curiosità di verificare la propria idea, sullo spirito ecologista.

Ha dimostrato sperimentalmente che è possibile fare ricerca servendosi delle colture cellulari, ovvero cellule prelevate da tumori umani e mantenute in condizioni tali da riprodursi in vitro. Anche se questo tipo di ricerca è una semplificazione e in un’ organismo esistono diversi livelli di complessità, è possibile comprendere i network della vita anche in provetta, soprattutto visti i mezzi a disposizione oggi. In aggiunta, da anni il Dott. Pier Mario Biava collabora con il WWF Italia, all’interno del quale ha rivestito prima il ruolo di Vicepresidente e ora quello di Consigliere Nazionale e membro del Comitato Scientifico.

Si trova quindi spesso ad affrontare diverse problematiche con l’unica lodevole finalità di tutelare il regno animale. In prima persona afferma e sottolinea l’importanza di una coscienza ecologista e di maggiore rispetto e responsabilità verso l’ambiente e le sue creature tutte. Nel suo libro emerge un parallelismo tra il modo di fare ricerca e il modo di vivere: i valori secondo cui ha fatto ricerca sono i valori secondo i quali vive e lancia uno sguardo critico all’epoca contemporanea.

Forse nel tentativo di capire e spiegare la vita l’uomo ha dimenticato i

valori fondamentali della vita stessa. Prima fra tutti una legge fondamentale secondo la quale l’uomo è parte integrante del mondo e i danni che arreca all’ambiente sono i medesimi che arreca a se stesso.

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