Luxuria, la «strega» che entra alla Camera come sul palcoscenico

Il deputato transgender di Rifondazione comunista si confessa: «Sono una donna cattiva e antisistema, circondata da gatti»

Con un tocco vermiglio sulle labbra, i lunghi capelli neri stretti dietro la nuca e la tunica indiana, Vladimir Luxuria sta una bellezza. Il lungo corpo abbandonato sul divano della hall la fa sembrare una fanciullona del Punjab sbarcata dalle Indie misteriose nell’Hotel di Via Veneto dove ci incontriamo.
«Ciaoo», mi saluta il neodeputato di Rifondazione comunista, Vladimiro Guadagno, in arte V. Luxuria, e mi offre i pasticcini che stava gagliardamente divorando in attesa che arrivassi.
«Sei uomo, ma ti senti donna. Che faccio, ti chiamo Vladimira?», chiedo e le siedo di fronte.
«La condizione della donna è diversa dalla mia. Io sono trans e così voglio essere accettata. Perciò, non ho cambiato nome. Ho solo tolto la o finale», dice soave giocherellando con una collana etnica che le arriva all’ombelico. Poi aggiunge: «Chiedo solo di essere declinata al femminile. In mancanza di meglio».
«Ci vorrebbe un neutro, tipo l’inglese it», osservo.
«It si usa per gli animali, quindi anche in inglese preferirei il femminile she», ride Vladimir, portando la mano alla bocca. Ha alle dita un anello tondo come un piattino da caffè e al polso due orologi. Uno grosso come una papaia, l’altro una ciliegina.
«Sei fantasiosamente arredata», osservo.
«Un orologio maschile, uno femminile. Una combinazione transgender, come me».
«Sei un compromesso tra uomo e donna?», mi informo, digiuno della materia.
«Sono in una zona liminare che non intendo oltrepassare. Non voglio cambiare sesso. Sto bene sul crinale», dice Luxuria.
«Se dai un pugno con quell’anellone, il lumacone di turno finisce al Creatore. Ti serve da difesa?».
«Per l’amordidio. È un anello tibetano da matrimonio che simboleggia l’unione perché si mette su due dita», dice con dolcezza Vladimir che lo sfila, mi mostra i due ingressi e se lo rimette. Gli chiedo dei gatti che ho carezzato anni fa a casa sua e, parlando, salta fuori che compie 41 anni il 24 giugno.
«Giorno di san Giovanni», dico.
«Il giorno delle streghe. Lo festeggerò al Gay Pride di Roma. Un po’ mi considero strega. Una donna cattiva e antisistema, circondata da gatti», civetta. Ma non datela retta, è una pasta di trans.
«Che accoglienza a Montecitorio?», chiedo, immaginando frizzi e lazzi.
«Ok, ho percepito rispetto per me. Già sentirsi ripetere dai commessi, come un mantra: “Onorevole, onorevole”, mi ha rinfrancata. Alla buvette non ho mai pagato, sono stata sempre preceduta, e al ristorante, il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, mi ha offerto il pranzo. Molto galante».
«Alessandra Mussolini ha detto di te: “Meglio fascisti che froci”», le ricordo.
«Sia frocio che fascista sono termini offensivi. Ma sono dichiarazioni che non pagano, visto il flop di Mussolini non rieletta».
«Le porti rancore?».
«Mi sembra che interpreti un ruolo non suo. Era considerata la sinistra della destra. Aveva difeso i gay in polemica con Storace e si era detta favorevole alle adozioni gay. Chissà che è successo».
«Hai trovato ostilità a destra?».
«Solo Nania di An. Quando sul cartellone elettronico in Aula è apparso accanto al mio nome l’aggiunta “detto Vladimir Luxuria”, ha chiesto di cancellare un “nomignolo di travestimento”. Poteva chiamarlo più gentilmente nome d’arte».
«Lo hanno tolto?».
«No. Fa un po’ Hollywood e io mai l’avrei chiesto. Ma ora che c’è, va benissimo».
«Vedendoti nel bagno delle donne, Carolina Lussana della Lega, si è detta imbarazzata. E tu?».
«Continuo a andare in quello delle donne, come faccio anche se mi fermo all’Autogrill. Nella mia prima fase di transizione, a 19 anni, durante la visita di una cattedrale in Inghilterra, mi sono avviata al bagno seguita da due vecchiette. Quando hanno visto che entravo nel wc degli uomini, sono rimaste sconcertate perché mi credevano una donna. Da allora, uso il bagno più confacente al mio aspetto».
«Già avuto delle avances a Montecitorio?».
«Magari! Qualcuno dice che non colgo gli sguardi degli uomini. Ma è che ho paura di un amore serio, da quando a 16 anni mi innamorai di un ragazzo che mi respinse dicendo: “Non fai per me”. Da allora, mai avuta una storia fissa. Sono una fallita», dice triste.
«Coraggio. Troverai», dico.
«In effetti, maturo il desiderio di un rapporto stabile. Se fosse un politico, ne vorrei uno esperto che mi insegni il mestiere. Oggi, trovo erotiche intelligenza e gentilezza. Prima mi piaceva la bellezza, con una dose di rudezza», dice Vladimir che continua a pappare pasticcini con totale disinteresse per la dieta a punti.
Sei l’unica trans della storia parlamentare italiana.
«Europea. C’è solo il caso di Giorgina Beyer in Nuova Zelanda. In India invece i trans sono una casta riconosciuta, gli Hjira, che ha dato un sindaco a Gorakhpur. Le nostre figure in altre civiltà erano rispettate e magiche. È stato il colonialismo a condannarle».
Non sei la sola discussa della Camera. C’è Sergio D’Elia, ex terrorista. Meglio nei tuoi o nei suoi panni?
«Lui, non solo ha scontato la pena, ma pensa all’opposto di un tempo. Abbiamo panni diversi, ma entrambi rispettabili».
Alla Camera indossi eleganti pantatailleur. Ti vesti da un grande sarto?
«Mia sorella Barbara, che lavora nell’abbigliamento, mi dà consigli. Porto giacca, orecchini, collant, trucco. La giacca, obbligatoria anche per le donne, è indispensabile con l’aria condizionata che c’è in aula. Più che rispetto costituzionale, è rispetto per la nostra salute».
Sei per le quote rosa o ti senti fuori quota?
«Le quote sono indispensabili in un Paese con pochissime donne in politica. Zapatero mi piace non solo per l’apertura ai gay, ma per il 50 per cento di donne ministro. Se non è il Parlamento a dare l’esempio, chi lo fa?».
Sei entrata in politica perché eri stufa del teatro o per soldi?
«Perché mi è stato proposto. Per soldi, no. Tra rubrica radiofonica e teatro, le cose andavano bene. Penso poi che ci sia somiglianza tra teatro e Parlamento. L’emiciclo è quello del teatro greco e si deve parlare per convincere».
Sei di Prc perché filocastrista e antiamericana?
«Sempre stata di sinistra. Dai Ds mi sono spostata a Prc perché ha fatto di gay, lesbiche, trans, una questione centrale. Sono anti Bush, non antiamericana. Il Gay Pride è nato a New York e in molti Stati Usa ci sono le nozze gay. Mi piace la Cuba di oggi che dà ai trans cure gratuite per ingentilire i lineamenti maschili, non quella degli anni '60 che li metteva nei campi di rieducazione».
Non ti ripugna essere comunista?
«In Italia, non è un’offesa. I comunisti hanno contribuito alla Liberazione e si sono messi dalla parte di chi aveva meno. Mi sarei sentita imbarazzata all’Est».
Il tagliagole Al Zarqawi è stato ucciso. Sei in lutto?
«Non faccio salti di gioia quando è ucciso qualcuno».
Simpatizzi per l’Islam?
«Figurati. In Iran, i gay li impiccano per strada».
Come ti ha accalappiata Fausto Bertinotti?
«Ha, ha, mica sono una cagna sciolta. Bertinotti ha letto gli articoli che scrivo su Liberazione e mi ha voluto parlare. Alla fine, gli occhi lucidi, mi ha detto: “Grazie, per avermi fatto capire ciò che ignoravo”».
Che significato dai alla tua presenza alla Camera?
«Non voglio rappresentare solo gli interessi della mia comunità gay, lesbica e trans. Io cercherò di capire anche altri problemi, ma vorrei che i miei colleghi capissero i nostri, che si sentano un po’ trans. Dobbiamo tutti immedesimarci, come a teatro».
Pensi che Prodi ci darà la felicità?
«Migliorerà la vita di molte persone. Penso alla mia comunità, alle donne che perdono il posto di lavoro se incinte, ai migranti».
Per ora, tassa.
«Non può non reagire al deficit. Ma i salariati hanno già dato col dimezzamento del reddito per l’euro. Ora, tocca alle rendite».
Avete fatto un leoncavallino - Daniele Farina - vice presidente della commissione Giustizia. Come un analfabeta ai Lincei.
«Sono stata al Leoncavallo. Pensavo a un luogo di perdizione. Ho visto librerie, corsi di italiano per migranti e qualche canna. Farina ha tutti i requisiti per occuparsi di Giustizia».
Cosa ti aspetti come minimo dal governo Prodi?
«Il riconoscimento delle unioni di fatto. Assicurare al partner dopo la morte, affitti, reversibilità, assistenza sanitaria. E per i carcerati gay, la possibilità che il proprio ragazzo, oggi ignorato dalla legge, possa andare a fargli visita».
La Chiesa interferisce troppo?
«Ho fatto un fioretto: non farò più comunicati contro l’ennesima dichiarazione contraria ai Pacs. Rispondere, è riconoscere il potere temporale della Chiesa. Polemizzerò con gli avversari politici, non con Ruini».
Che pensi di Prodi?
«È capace di rappresentare di più il bene pubblico».
Del Cav?
«Grande manager, ottimo presidente del Milan, genio accentratore del mercato pubblicitario, affabulatore. Con un unico difetto: essere diventato presidente del Consiglio».
Chi detesti di più a destra?
«Io non riesco a detestare. Nemmeno Tremaglia, quello dei culattoni. Semmai, compatisco».
Quale destro trovi carino?
«Ouuu... in che senso?».
Fai tu.


«Fini, Casini, Daniela Santanchè».
Qual è la cosa peggiore che hai fatto e che prometti di non ripetere?
«Una volta ho soffiato il ragazzo a mia sorella. Assicuro tutte le mogli dei deputati che non ci proverò coi loro mariti».

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