Il Made in Italy che non vuole i "controdazi"

Oltre che con un fisco vessatorio e con burocrazia asfissiante, gli imprenditori piccoli e grandi devono ora fare i conti anche con la crisi della globalizzazione

Il Made in Italy che non vuole i "controdazi"
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In questi giorni, a Verona e Milano, sono in corso due avvenimenti cruciali per il sistema produttivo: Vinitaly e il Salone Internazionale del Mobile. Si tratta di due fiere che da tanti anni aiutano alcune tra le realtà migliori del made in Italy, nel settore vinicolo e in quello del design, ad affermarsi nei mercati e ad accrescere i loro fatturati: nonostante i molti problemi ben noti. Oltre che con un fisco vessatorio e con burocrazia asfissiante (risultato di una regolazione che sta chiudendo quasi ogni spazio di libera iniziativa), gli imprenditori piccoli e grandi devono ora fare i conti anche con la crisi della globalizzazione, conseguente al varo dei dazi da parte degli Stati Uniti. In questo quadro gli «uomini del fare» possono sperare soltanto che a Washington vi sia la disponibilità a negoziare e che quindi il presidente Donald Trump abbia in mente, dopo lo sconquasso di questi giorni, di sedersi a trattare al fine di abbassare le barriere; e devono anche augurarsi che Bruxelles nonostante i proclami di questi giorni non replichi ai dazi con altri dazi. Se ciò avvenisse per le nostre imprese più aperte al mondo, quelle che comprano e vendono ovunque, sarebbe la catastrofe. Al riguardo è significativo il messaggio che viene dalla provincia di Vicenza, che da sola vale 2 miliardi e 200 milioni di export: e cioè il 30% di tutto il Veneto. Lì dove la globalizzazione è di casa il vicentino Alessandro Trentin, presidente di Confimi Veneto (che raccoglie piccole e medie aziende), ha fatto presente come ci sia già chi pensa di portare una parte della produzione degli Usa: quale risposta dinanzi a quelle chiusure. Quanti hanno già oltre Oceano una loro presenza commerciale stanno studiando la possibilità di acquisire attività e produrre anche lì: globalizzandosi ancora di più. Soprattutto, però, dal Veneto delle aziende esportatrici viene l'invito a confrontarsi con gli americani ed essere coerenti. Secondo Trentin «è positivo che in questi giorni tutti abbiano sparato a zero contro i dazi americani: vuol dire che certe tesi liberali sono ormai senso comune. A questo punto, però, l'auspicio è che le parti Usa ed Europa si trovino attorno a un tavolo, arrivino ad accordi e aprano un futuro di libero scambio in tutto l'Occidente».

In altre parole, il mondo imprenditoriale spera che da una parte e dall'altra dell'Atlantico questa fase conflittuale sia presto superata. Non chiedono sussidi, ma meno tasse e meno lacci; e una vera volontà di avviarsi verso mercati aperti.

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