Berlino - È lecito chiedersi, perché Dieter Kosslick, direttore del Festival, non abbia accolto in concorso, ma nella serie B (Panorama) il film-debutto alla regia di Madonna, Filth and Wisdom («Sporcizia e saggezza»), opera ben riuscita, degna di un regista navigato. È lecito poi dubitare: forse nel film c'è lo zampino del marito della star pop, Guy Ritchie, regista di professione?
Un perdigiorno zingaro ucraino (Eugene Hutz), che soddisfa feticisti a pagamento, capeggia una band di squinternati e sogna il successo, come le sue eccentriche coinquiline: una, che vuol diventare ballerina classica (Holly Weston), balla in un locale a luci rosse per pagarsi l'accademia; l'altra, farmacista (Vicky McClure), ruba medicinali col sogno di salvare l'Africa. Al pianterreno abita uno scrittore fallito (Richard E. Grant) per la soggiunta cecità, il quale segue con apprensione il destino dei tre.
Ma il film è di Madonna, la cui carriera è stata scandita da decine di fasi-scandalo e di ritorno all'ordine, quindi non è difficile ritrovarla nei tre personaggi. La pia che vuol salvare l'Africa a tutti i costi, arrivando pure a rubare, agisce nel film come Madonna nella realtà, che pur di salvare un bambino africano dalla povertà lo ha fatto con un mezzo veloce e criticabile: l'acquisto. La ballerina invece è la star agli inizi della carriera, che, pur di apparire, non ha lesinato certe esibizioni. E anche il cantante, compromesso in uno sporco lavoro, da uomo, rappresenta lo spirito ambiguo di Madonna negli anni dei due dischi di Erotica e Vogue quando si spacciava per lesbica o cantava in tuta di lattice e col frustino Espress Yourself, Don't Repress Yourself («Esprimiti, non reprimerti»). Infine lo scrittore che non ha più bisogno della vista, perché è dotato di un terzo occhio ascetico, come Madonna in Frozen - disco tra cabale e zen - che la elesse icona del pop. E al cinema era l'arte, mentre l'altro caos di ieri da ricordare a questa Berlinale è la conferenza stampa di Filth and Wisdom all'Hyatt hotel, con centinaia di giornalisti pressati all'ingresso per due ore e distillati da inconsuete iscrizioni per essere ammessi. E chi non spegneva il cellulare rischiava uno schiaffo, come quello che si è preso un giornalista tedesco da un vigilante.
Poi la star è entrata con gli attori. A pelle è parsa improbabile come regista di un film tanto bello e in più era di cattivo umore: «Chiudi il becco», ha detto a un giornalista, e si è offesa quando un altro le ha chiesto: «Ricomincia like a virgin da regista?». Per lei il senso del film è nel famoso detto «Ognuno è artefice del proprio destino», per poi ricordarsi: «Anch'io non potevo pagarmi l'affitto e per mantenermi agli studi di danza ho dovuto fare lavori pesanti. Ma ci ho creduto e per questo sono qui oggi». Chi ha ricercato suggestioni empiriche nel film ha avuto la seguente risposta: «Certo, ci sono molti registi che mi hanno dato consigli».
Alla richiesta di qualche nome, ha taciuto. Il regista più amato? Jean-Luc Godard, d'accordo con lui nel sostenere: «Il successo di un film al cinquanta per cento lo fa il titolo». Quanta saggezza nello sporco ambiente dello spettacolo...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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