«Pur non condividendo vari provvedimenti adottati durante il governo Berlusconi devo però riconoscere che l'esecutivo ha promosso numerosi e importanti azioni a contrasto della mafia. A cominciare dalla legge che ha reso definitivo il trattamento di carcere duro, il cosiddetto 41 bis, che è stato, non solo mantenuto, ma addirittura aggravato entrando stabilmente nell'ordinamento con una legge e non più con decreti di volta in volta prorogati
». Parole di un magistrato tutto dun pezzo come Piero Luigi Vigna, 77 anni, una vita spesa a tirar le fila di indagini delicatissime che hanno segnato la storia e la cronaca della nostra Repubblica. Da quella sul terrorismo degli opposti estremismi, a quella sul mostro di Firenze, a quella sulla bomba che esplose il 23 dicembre del 1984 sul rapido 904 a San Benedetto Val di Sambro che segnò lingresso della mafia nel triste scenario dello stragismo di Stato.
Parole meditate, soppesate e adesso, al suo ritiro dalla prima linea per raggiunti limiti detà, affidate da Vigna ad un libro dal titolo sufficientemente eloquente: In difesa della giustizia, edito da Bur Rizzoli e realizzato in collaborazione con il giornalista Giorgio Sturlese Tosi. Schietto, come lo è stato sempre, il popolare magistrato che dal 1997 al 2005 ha ricoperto la carica di Procuratore nazionale antimafia, svela il suo pensiero su episodi veri e scandali presunti, su pentiti men che affidabili e tentativi di depistaggi, riportando la ricostruzione delle vicende dentro i binari delloggettività.
Lui che sulla mafia ha sempre indagato non ha dubbi e nel paragrafo dal titolo «Considerazioni su Berlusconi» definisce «innegabile» che durante i governi presieduti dal Cavaliere molti importanti latitanti siano stati arrestati. «E - scrive - a chi dice che il merito va riconosciuto ai magistrati e alle forze dellordine, ricordo che è altrettanto vero che un ministro dellInterno può, se vuole, dettare obbiettivi diversi e in un certo senso anche incanalare le indagini dei corpi di polizia. Ma questi obbiettivi diversi, distraesti rispetto alla lotta alla mafia non ci sono stati. Chi sospetta che Forza Italia abbia sottoscritto un accordo con i Corleonesi deve anche leggere con obbiettività le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che ha raccontato che il 24 Marzo 1994, in un bar di via Veneto a Roma, Giuseppe Graviano, capomandamento di Brancaccio, gli disse: Abbiamo lItalia in mano. Tre giorni dopo i due fratelli Graviano furono arrestati a Milano, al ristorante Gigi il cacciatore, dopo una complessa indagine e giorni di pedinamento e collaborazione tra i militari di Palermo e i colleghi milanesi
».
Mille illazioni, mille schizzi di fango sollevati sistematicamente e puntualmente ad ogni scadenza importante contro Silvio Berlusconi sono dunque rispediti al mittente, con determinazione, non da un osservatore qualunque della storia dItalia ma da un protagonista di quella storia che per otto anni ha diretto la Procura nazionale antimafia. E che oggi, quindi, ha tutta lautorevolezza per scrivere che con Berlusconi al governo
. «Non si può negare, insomma, che ci sia stata una vera e propria aggressione a Cosa Nostra. E non va neppure trascurata lipotesi che, da alcuni capi mafiosi, possa esserci stata una sorta di millanteria. Nulla di più facile che i mandanti abbiano raccontato di essere solo gli esecutori di un progetto superiore per avere in cambio una contropartita, ma che queste coperture in realtà non ci fossero affatto. E questo spiegherebbe perché di tutte le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in cui viene riferito lappoggio del nuovo partito di Forza Italia o di alcuni dei suoi esponenti, mai venga circostanziato un episodio, un incontro, un accordo con questi presunti referenti. Che poi, come si dice, Berlusconi abbia pagato la mafia, tramite altri, per tutelare i propri beni e le proprie attività - ricordiamo gli attentati alle Standa che erano di sua proprietà - questo va visto nell'ottica certo sbagliata, di un imprenditore che è costretto a pagare per assicurarsi una protezione
».
E le stragi? I processi per le stragi del 1993, altro tormentone che qualcuno, ad arte, ha enfatizzato per mettere allangolo Berlusconi o per coinvolgerlo più o meno direttamente? Vigna è piuttosto categorico: «In questi anni mi sono fatto lidea che Berlusconi con le stragi non c'entri proprio nulla».
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