La magia di Berry: raccontare chi batte il male

Artisti e sportivi menomati... Dopo gli Invisibili, la "iena" conduce un format con persone che si sono riscattate

La magia di Berry: raccontare chi batte il male

Il libro no, non vuole farlo. «Me l’hanno suggerito in tanti, ma non me la sento. È per rispetto di loro, degli Invisibili. Ci penserò. Ma è pieno di gente della tv che scrive libri...». Marco Berry sta finendo di montare le tre storie che racconterà il 21 dicembre su Italia 1 nello speciale degli Invincibili, spin off dell’altro programma, quello con le facce, i tormenti, le derive dei barboni che negli anni scorsi ha collezionato una sfilza di premi («ma il premio più grande è stata una ventenne che mi ha detto: da quando guardo Invisibili vedo la vita con occhi diversi»). E che gli è rimasto ancora dentro.

Berry ne parla e si commuove: «Ho incontrato persone che mi resteranno addosso per sempre. Erano ex ingegneri, avvocati, professori, signore della Milano bene abituate ai maggiordomi e finite sulla strada. Non c’è nessuna retorica nella vita del barbone. Qui non ci sono i clochard che ne fanno una scelta di vita. Sono invisibili perché rimuoviamo la paura che possa capitare anche a noi. E non è così difficile: basta perdere il lavoro, dopo un po’ puoi perdere la casa... O basta entrare in depressione, basta che una storia d’amore finisca male. Qualcuno di loro non c’è più e ho perso degli amici. Molti altri continuo a sentirli spesso».

Il nostro appuntamento è stato fissato per parlare del nuovo progetto: storie di riscatto, storie di volontà indomabili, storie di persone che ribaltano le loro sventure e ricominciano una vita più forti di prima. Ma siccome «Invincibili nasce da una costola di Invisibili», è difficile staccarsene. Anche perché, dice Berry, è stato «un fiore all’occhiello di Italia 1, nato da un’idea di Luca Tiraboschi. Il programma che Raitre avrebbe voluto fare e invece l’ha fatto una rete commerciale. Il programma che faceva ottimi ascolti, ma non mi ricordo esattamente quanti perché non era la cosa a cui tenevo di più. Il programma che era tutto tranne che un programma televisivo».

Quarantasette anni, torinese, iena storica, titolare di Magic for children, una Onlus che si dedica ai bambini per «tentare di assolvere il diritto al sorriso che hanno anche quelli malati», Marco Berry (vero nome Marco Marchisio) si descrive come «una scatola di matite colorate: scelgo il colore che mi serve nei diversi momenti. Stare con un barbone è diverso da quando devo fare il cialtrone. Oppure quando voglio far divertire dei bambini. Comunque, fare il cialtrone è certamente più facile». Né cialtrone né autore drammatico, con Raz Degan e Daniele Bossari da gennaio condurrà Mistero, viaggio nel mondo dell’esoterismo e della magia, un’altra delle sue passioni.

Ma ora è Invincibili che gli sta a cuore. Perché prosegue l’esperienza di Invisibili sospesa prematuramente. Nonostante le difficoltà che venivano dagli inserzionisti pubblicitari che rifuggivano il programma, il direttore di Italia 1 avrebbe voluto raddoppiare gli appuntamenti. «Ma io non ce l’ho fatta. Ogni puntata conteneva due storie che scaturivano ognuna da due giorni di condivisione con i barboni. Quando tornavo a casa ero a pezzi, mi serviva una settimana per metabolizzare».

In un certo senso anche Berry è un invincibile avendo trasformato un’esperienza interrotta in una leva per ripartire. Così ecco il nuovo programma, ispirato anche da Invictus, la biografia di Nelson Mandela portata al cinema da Morgan Freeman e Clint Eastwood, dalla quale lo staff di Italia 1 (Alessandro Saba, Marco Bertini e Tiraboschi) ha preso la poesia che sostenne il leader anti-apartheid durante la prigionia e che è sintetizzata nei promo: «Rendo grazie a qualunque Dio ci sia/ per la mia anima invincibile/ Sferzata a sangue dalla sorte/ non si è piegata la mia testa/ Non importa quanto angusta sia la porta/ quanto impietosa la sentenza/ Sono il padrone del mio destino/ il capitano della mia anima».

L’autore è William Hernest Henley (1849-1903) un poeta inglese che a 12 anni contrasse la tubercolosi, a 25 fu costretto all’amputazione di una gamba, divenne giornalista e visse altri trent’anni con una protesi. Le prime tre storie che vedremo il 21 dicembre in uno studio nero con vetri in frantumi per terra attraversato da una grossa arteria rossa che li ricompone in un diamante, somigliano a quella di Henley. Roberto Bruzzone, 32enne che, perso un piede in un incidente, si fa amputare la gamba per usare una protesi fino a scoprire il trekking d’alta montagna. Beatrice Vico, 13enne campionessa di scherma cui sono state amputate braccia e gambe a causa di una setticemia da meningite. Simona Atzori, 36enne disegnatrice e ballerina nata senza braccia.

Sono tre storie molto simili tra loro... «È vero. Avrei voluto inserire l’esperienza di un cassintegrato o di un terremotato dell’Aquila: gli invincibili dell’anima. Ma se lo speciale andrà bene, ci saranno altre puntate» si augura Berry. «La mia vera paura è cadere nella retorica, nel buonismo di maniera. Spero di avere la sensibilità giusta. Anche questo non è innanzitutto un programma televisivo, ma un incontro con delle persone, il racconto di storie estreme. Perciò, ho scelto di conoscere i protagonisti solo quando registriamo, perché sia un rapporto più autentico possibile, dimenticandoci della telecamera».


L’obiettivo? «Spero che anche questo diventi un fiore all’occhiello di Mediaset. E mi aiuti a imparare che ci si può risollevare, che si può vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, che intorno a noi le persone che ci vogliono bene ci sono».

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