Un magistrale Prêtre fa cantare Mahler e Bizet

Due sinfonie giovanili per il primo concerto della stagione. Sul podio l’ottantenne maestro francese

Alberto Cantù

da Milano

Meraviglie di un ottuagenario. Meraviglie di Georges Prêtre, classe 1924, col quale però i professori d’orchestra devono avere le antenne. Perché anche nel Pelléas tornato al Piermarini, lui un attacco non lo dà nemmeno per sbaglio: neanche nell’insidiosissimo Quinto atto.
Ma quando le antenne di chi suona sotto la sua mano (la bacchetta la impugna in via eccezionale) convibrano con un mondo interiore che è sismografo d’una sensibilità quasi insostenibile dallo stesso interessato, gli esiti sono memorabili. E unici: perché nulla con Prêtre è prevedibile.
Prendete - esiti memorabili e unici, infatti - il concerto che ha inaugurato ieri, a teatro gremito e con una gran festa, la stagione 2005-2006 dell’Orchestra Filarmonica della Scala, che è dedicata alla memoria di Carlo Maria Giulini (sul podio per i 93 concerti dal 1984 al 1994 che il direttore artistico Schiavi ricorda).
Festa con un mazzo di rose in rappresentanza dei loggionisti concordi e con tanti e tali applausi più richieste di bis da costringere il direttore a far «no» col ditino (e quale encore vuoi eseguire dopo quel mondo che è ed è stato la Prima sinfonia di Mahler?).
Gran serata, dunque, il cui programma vede quale denominatore comune due «Sinfonie dal sangue giovane» (lo scrive Quirino Principe in un programma di sala da riporre in biblioteca). Due lavori giovanili, insomma. Nella prima parte della serata - diretta su Radio Tre, differita il 27 su La7 - la Sinfonia in do maggiore composta nel 1855 da un Bizet diciassettenne che di lì a vent’anni si sarebbe congedato dall’arte e dalla vita con il capolavoro per cui è famoso: Carmen.
Seconda parte con la Prima, in re maggiore (1884-88), frutto d’un un ventottenne che racchiude, con questo lavoro, la quintessenza del naturalismo romantico e del tempestoso sentire ottocentesco. La prima di tante sinfonie dove Mahler avrebbe poi schierato eserciti sinfonici e corali, voci bianche, di adulti e anche mille esecutori sino al traguardo dei grandi, sinceri «Adagi degli Addii» (Nona e Decima Sinfonia, Il canto della terra).
Ecco. Si pensa al piccolo brano (mezz’ora) di Bizet come ad un affettuoso, domestico omaggio ad Haydn e al primo Schubert. Come a un anticipo delle sagomature neoclassiche genialmente resuscitate da Prokofiev nella Prima sinfonia, che non a caso si chiama Classica.
Prêtre no. Con l’orchestra a ranghi ridotti, prendendosi 40 minuti per dire quello che gli preme, lui ricava sonorità quasi cameristiche, lievi e morbidamente tornite (non è facile seguirlo al cento per cento, qualche sporcatura pare inevitabile nell’Adagio). Fa prevalere il canto su una accentuazione ritmica neoclassica prevedibile e che non gli interessa. A lui preme puntare sul secondo tema (l’oboe, poi struggente nell’Adagio) e il flauto che lo delibano tra dolcissimi «rallentando».
La Sinfonia diventa così una tenera miniatura dove le fanfare, i pizzicati e lo scanzonato Scherzo sono il mondo dell’infanzia mentre nel Finale vien fuori la leggerezza fiabesca, alla Mendelssohn, dei violini (bravissimi quelli scaligeri).
Mahler. Il mistero del suono primigenio appare evocato dal nulla prima di farsi suono di natura (il cuculo, ad esempio) e di erompere con una violenza e una pulsione incontenibili. Nel Ländler (danza paesana) del secondo tempo, la gioiosa limpidezza è tutt’uno con la golosità, diresti, di tinte e ritmi; questo fervore, però, lascia posto nel Trio a una malinconia tutta viennese e prêtriana. Nella Marcia funebre temi e strumenti sono come fantasmi, macerazioni e cacofonie si spengono al suono d’un gong.

Il Finale è davvero «tempestoso con la massima veemenza» nel riesplodere della natura sino alla finale perorazione di ottoni e corni, dell’orchestra intera col supporto delle percussioni - una Filarmonica, qui, in stato di grazia - che anticipa le perorazioni del pubblico. Anche i battimani del neo presidente Cesare Rimini e di quello onorario Lissner.

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