"Attacco al diritto delle donne". Un caso di malagiustizia scuote il tribunale di Venezia

Alla direttrice dell'Alta Scuola Estradizioni di Cpi Federica Tartara, a circa venti giorni dal parto, è stato negato lo spostamento di una un'udienza contro due suoi clienti. Per lei, che vive e lavora a Genova, era impossibile recarsi nel capoluogo veneto

"Attacco al diritto delle donne". Un caso di malagiustizia scuote il tribunale di Venezia
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Dopo il diritto alla difesa la magistratura calpesta pure il diritto alla difesa... della gravidanza. Da Genova arriva l’ennesima storia di malagiustizia che rappresenta plasticamente lo sfascio in cui versa questo Paese e di cui dovrà occuparsi il Csm dopo l’esposto di una donna incinta che non viene tutelata: c’è il suo diritto alla salute che non viene rispettato, c’è una condanna comminata a due imputati, rimasti senza difensore a pochi giorni dall’ultima udienza del processo fissata per il 12 novembre, ai quali viene impedito l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito come il «legittimo impedimento» del loro legale, in nome del fatto che - a dire del giudice veneziano - la vicenda processuale aveva subito troppi rinvii. «È un attacco al diritto delle donne di conciliare la professione forense con il loro ruolo di madri e lavoratrici», dicono le Camere penali del diritto europeo e internazionale. Alla fine la coppia è stata condannata a due anni di reclusione e a una provvisionale di 15mila euro, un vulnus perché sarebbero stati privati secondo l’avvocato «di un’adeguata assistenza difensiva».

Come racconta all’AdnKronos la protagonista del caso Federica Tartara - direttrice dell’Alta Scuola Estradizioni di Cpi, quarantenne e già madre di un bambino - a circa venti giorni dal parto, il Tribunale di Venezia ha impedito che venisse spostata l’udienza contro i suoi due clienti (marito e moglie accusati di appropriazione indebita). «Mi mancano tre settimane al parto ma continuo a lavorare e finora non ho avuto alcun problema», sottolinea il legale. Per lei, che vive e lavora a Genova, era impossibile andare a Venezia, la trasferta era controindicata («avrei potuto partorire in treno», dice con amarezza), da qui la decisione di presentare un esposto al Csm per «la gravissima violazione dell’articolo 420 ter comma 5 bis del codice di procedura penale», che recita «è “assolutamente incontestabile” il diritto del difensore in stato di gravidanza di ottenere un rinvio dell’udienza per legittimo impedimento nei 2 mesi antecedenti il parto e nei tre mesi successivi», ricorda il legale. «Ma dopo aver presentato tempestivamente il certificato medico attestante lo stato di gravidanza e la data presunta del parto a me un giudice donna (anche più giovane di me) lo ha negato». Da qui l’esposto al Csm (onde scongiurare che altri possano subire tali ingiustizie», scrive la donna.

Peraltro il rinvio per legittimo impedimento del difensore sospende la prescrizione «quindi non si sarebbe verificato alcun vulnus processuale», eppure il giudice ha comunque deciso di rigettare la richiesta di rinvio del difensore «sostenendo che vi fossero già stati troppo rinvii e che un legale che sa di non potersi assumere un incarico non deve assumerlo». Una battuta che va contro la Costituzione «a cui un giudice dovrebbe attenersi - conclude il legale - e invece qui siamo di fronte ad un atto discriminatorio non solo nei confronti delle donne ma anche delle libere professioniste».

Sul piede di guerra ci sono l’Ordine degli avvocati di Genova e la Camera Penale Veneziana, mentre alla Tartara è arrivata la solidarietà delle Camere penali del diritto europeo e internazionale, preoccupate «per la deriva del sistema giudiziario italiano, aggravato da un Parlamento indebolito, in cui alcuni magistrati sembrano assumere un ruolo interpretativo eccessivo, mettendo a rischio l’equilibrio

costituzionale», come dice all’AdnKronos il suo presidente Alexandro Maria Tirelli, che chiede «un urgente ripristino della separazione dei poteri e una riforma dell’immunità parlamentare, per evitare ingerenze indebite».

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