Mal di testa, ora c’è una speranza

Colpite 6 milioni di persone in Italia. Il professor Bussone dell’Istituto Besta: "La nostra tecnica efficace contro la cefalea a grappolo". Alte percentuali di successo per l’impianto di una sorta di "pacemaker del cervello" eseguito a Milano

Mal di testa, ora c’è una speranza

Milano - Il mal di testa miete più vittime del diabete. L’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito la cefalea tra le prime 20 malattie causa di disabilità, prima di diabete e Aids. È una patologia dilagante che solo in Italia affligge circa 6 milioni di persone, per lo più donne, e in Occidente colpisce il 12% della popolazione. Per farvi fronte nel Bel paese si spendono 57 milioni di euro l’anno. E ora la Lombardia riconosce l’invalidità a chi ne soffre.
Il cerchio alla testa, la cui forma primaria è l’emicrania, può diventare anche infernale tanto da essere ribattezzato mal di testa del suicidio. Gli attacchi sono così frequenti e intensi da rendere la vita impossibile a chi ne soffre. Ma una soluzione adesso c’è: all’Istituto neurologico Besta di Milano hanno studiato come trattare i pazienti colpiti da cefalea a grappolo cronica e non rispondente ai farmaci, hanno dimostrato che l’intervento può essere risolutivo nei due terzi dei casi con un risparmio per il Servizio sanitario nazionale nell’ordine del 75%. E guardano avanti: il team guidato da Gennaro Bussone, direttore del Dipartimento di neuroscienze cliniche, sta verificando la possibilità di applicare la metodica anche a chi patisce di emicrania cronica, purtroppo un bacino ben più ampio. Se a soffrire di cefalea a grappolo è qualche migliaio di italiani (3 per mille della popolazione), nel secondo caso sono qualche milione (4%). In via Celoria hanno iniziato nel 2000 a occuparsi di quegli uomini con posizioni di grande responsabilità oppure con attività molto impegnative, stressati e fumatori che, dopo i primi e improvvisi mal di testa tra i venti e i trent’anni, hanno cominciato a patirne molto più spesso e con intensità maggiore.
«Chi soffre di cefalea a grappolo ha due o tre crisi nell’arco della giornata - spiega lo specialista - che durano dai 15 minuti alle tre ore e colpiscono la zona orbitaria e frontale. Gli episodi possono diventare anche più frequenti e verificarsi di notte: consideriamo cronico quel 20 per cento dei soggetti che non riesce a trascorre 15 giorni in pace».
Tanti, circa 35mila soggetti, vengono seguiti con farmaci e solo la metà dei casi, quando le medicine non fanno più effetto e sono soddisfatti altri parametri quali, per esempio, godere di una personalità stabile, possono essere candidati all’intervento chirurgico per l’impianto di un neuro stimolatore.
«La tecnica che abbiamo messo a punto, primi al mondo e oggetto di pubblicazione nel 2002 sul New England journal of medicine, nasce su basi scientifiche, cioè sulla dimostrazione che la cefalea a grappolo è causata da una disfunzione dell’ipotalamo - prosegue lo scienziato - da qui l’idea di trattare questi pazienti con una stimolazione cerebrale profonda. E solo grazie al fatto di essere al Besta, in un grande dipartimento di neuroscienze, siamo riusciti a sottoporre i soggetti a un intervento chirurgico per l’impianto di un minuscolo elettrodo (il diametro è poco superiore al millimetro) all’interno del cervello collegato, attraverso un filo che corre nell’organismo, con un generatore di impulsi, tipo un pacemaker, inserito sotto la clavicola. Il generatore viene poi regolato dall’esterno sia per l’intensità, sia per l’ampiezza dello stimolo».
Fino a oggi sono stati 27 i pazienti operati e nel 70 per cento dei casi con successo, cioè sono tornati a una normale qualità della vita.

Il mal di testa se lo sono dimenticati con un risparmio per il Servizio sanitario nazionale, come ha messo in evidenza l’analisi condotta da Massimo Leone dell’équipe di Bussone, superiore ai 600 mila euro anno. Solo loro, quelli operati con successo, consumavano infatti in analgesici qualcosa come 800mila euro in dodici mesi.

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