Malattie di regime

I casi sono due. O gli esperti dell'Organizzazione mondiale della Sanità sono degli irresponsabili da mandare subito a casa a occuparsi dei giardinetti o davvero - con l'influenza aviaria di origine cinese - incombe sul mondo una minaccia letteralmente apocalittica che potrebbe fare un oceano di vittime (da 50 a 300 milioni, dicono le proiezioni più allarmistiche) e mettere in ginocchio tutto il pianeta. Qualcosa di paragonabile al diluvio universale. La notizia di ieri sui tre animali che sarebbero stati contagiati in Romania, non è affatto tranquillizzante per l’Europa.
Fa bene il ministro Storace a evitare allarmismi, che potrebbero scatenare il panico, perché l'epidemia fra gli esseri umani - ad oggi - è solo una possibilità, non una certezza, ma lui stesso riconosce che «la preoccupazione è fondata» e infatti si stanno preparando anche in Italia serie contromisure. Non a caso in queste ore alla Casa Bianca è stato convocato un vertice mondiale, con la partecipazione di 65 Paesi. La possibilità di una pandemia, con la trasmissione del virus da uomo a uomo non solo decimerebbe la popolazione del pianeta, ma provocherebbe un collasso senza precedenti nei nostri Paesi che avrebbe anche conseguenze economiche e sociali incalcolabili.
Tuttavia è innanzitutto il costo umano che impressiona. È pur vero che l'eventuale scatenarsi dell'epidemia inizierebbe dall'Oriente, ma il tempo di trasmissione del virus oggi - pur con tutte le misure di isolamento - non è affatto lungo. Non saranno certo le frontiere a fermare il virus. E il vaccino - per quanto se ne sa - non sarà pronto fino a marzo.
In questa situazione è anche doveroso fare una riflessione sulla Cina, o meglio sul regime cinese, che è di fatto il focolaio infetto del pianeta. Questa apocalittica minaccia è uno degli ultimi regali avvelenati che il comunismo fa all'umanità. Infatti il dilagare del virus in Cina non è innanzitutto una fatalità. È un fatto politico. Il regime comunista ha imposto al Paese condizioni igienico-sanitarie vergognose per poter conseguire in breve tempo quei clamorosi livelli di crescita economica che stanno creando tanti problemi ai nostri Paesi industrializzati messi fuori mercato da un sistema selvaggio senza regole e senza diritti riconosciuti (addirittura si pratica il lavoro schiavistico nel vasto Gulag comunista cosicché certe produzioni occidentali vengono soppiantate da prodotti fabbricati in condizioni orrende dai detenuti, anche prigionieri politici o di coscienza). Come ha dimostrato il drammatico libro inchiesta di Bernardo Cervellera, «Missione Cina», il forsennato sviluppo economico della Cina, che i nostri giornali da tempo magnificano, viene pagato salatamente non solo dalle nostre economie: avviene sulla pelle della popolazione cinese e - si teme - di tutta la popolazione mondiale.
L'«influenza aviaria» infatti è solo l'ennesimo caso, il più grave, dopo la Sars e dopo il terrificante contagio da Aids di un milione di cinesi, sempre a causa dell'irresponsabilità e della disumanità di quel regime. Che oltretutto di fronte ai primi focolai di infezione ed epidemia, quando il fenomeno potrebbe ancora essere contenuto, nega pervicacemente. Riconosce la verità solo quando diventa ormai innegabile, essendo tracimata fuori dai confini cinesi ed essendo quindi drammatica.
In sostanza il timore per lo scatenarsi di questa pandemia, dovrebbe indurre finalmente a fare una seria e drastica riflessione sul «caso Cina». È venuto il momento di imporre a quell'orrendo regime comunista una serie di vincoli sociali molto decisi, a salvaguardia della salute e dei diritti della popolazione cinese e - di conseguenza - della popolazione mondiale.


Quel regime è già detestabile per il suo disprezzo dei diritti umani ed è vergognoso che siamo rimasti indifferenti pure davanti all'ultimo scandalo (la vendita in Occidente di prodotti estetici ottenuti con prelievi dai corpi dei condannati a morte). Ora è il momento di dire basta a tutte le nefandezze del comunismo.
www.antoniosocci.it

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica