La mamma: "Mia figlia uccisa la seconda volta"

Il legale: "Il fermo amplifica il dolore della famiglia. L’unica notizia positiva è che c’è stata un’evoluzione nelle indagini". Ora tutto il paese ha paura di una verità inconfessabile

La mamma: "Mia figlia uccisa la seconda volta"
Garlasco - Una goccia di sangue sul pedale e Chiara muore per la seconda volta. La mamma non lo dice davanti alle telecamere che la braccano fra Garlasco e Gropello Cairoli, ma trova la forza per esprimere il proprio smarrimento all’avvocato Gianluigi Tizzoni, il legale di parte civile. È il giorno peggiore, dopo il 13 agosto: la conclusione più cupa, se così sarà, per una storia terribile.
I Poggi avevano sempre respinto, almeno in pubblico, l’ipotesi più logica e perfino ovvia: come pensare che l’assassino potesse essere il fidanzato di Chiara? No, non poteva essere lui, meglio pensare a un estraneo, a uno sconosciuto, al mostro di Garlasco come i compaesani avevano ribattezzato un killer cui avevano tolto i lineamenti, troppo familiari, di Alberto.

Ai funerali lui c’era e poi mentre i giornali davano conto delle evoluzioni pirotecniche delle gemelle Cappa, lui era rimasto sempre in contatto con la famiglia di Chiara. E poi i Poggi avevano incontrato gli Stasi, quasi a esorcizzare in quel modo i sospetti che non se ne volevano andare.

Gli indizi? Piano piano erano diventati più consistenti, ma nessuno voleva portarli alle estreme conseguenze. Poi, di colpo, ecco la goccia sul pedale. Un gruppo di cronisti intercetta i Poggi davanti alla casa di riposo di Gropello Cairoli dove vive la vecchia nonna di Chiara. Non parlano, filano via. Troppo di tutto.

Tocca a Tizzoni, una sorta di portavoce, dare forma ai sentimenti e alle sensazioni: «Il fermo amplifica il dolore della famiglia di Chiara. La notizia di oggi da un lato porta a un’amplificazione del dolore, perché è evidente che se questo fatto dovesse trovare piena conferma, e quindi se dovesse essere riconosciuta la responsabilità di Alberto, ciò porterebbe a uno sconforto davvero insormontabile per i genitori di Chiara. Nel contempo apprezzano il fatto che ci sia stata un’evoluzione delle indagini e sono grati ai carabinieri e agli inquirenti dell’attività svolta».

Ma non c’è dubbio, nell’altalena delle supposizioni, delle ipotesi, delle mezze notizie, quel che prevale è un sentimento di disperazione totale: Chiara è morta per mano dell’uomo a cui voleva bene. E di cui si fidava. Possibile?

«La mamma di Chiara - riprende Tizzoni - dice che se verrà confermata questa verità processuale sarà come se venisse uccisa una seconda volta sua figlia. Non dalla verità, sia chiaro, ma da chi ha commesso il fatto». E con questa frase, pur così imbrigliata, la madre, in lacrime, scaglia la sua maledizione su chi le ha portato via la figlia.

Fatalmente, la storia è destinata a rientrare nei confini della provincia, ma non sarà facile per chi era vicino a Chiara - il papà, la mamma, il fratello - misurarsi con un dolore così impervio. Per ora Garlasco attraversa come in sospensione le ore più difficili e convulse. In via Pascoli, le villette vicine a quella dei Poggi, sempre sotto sequestro, sono animate come un giorno qualunque. Non è più agosto, quando le presenze si contavano sulle dita di una mano: ora le auto entrano e spariscono dietro alte siepi, in uno scorrere silenzioso di cancelli elettrici. Sul portone immobile dei Poggi, piccolo sacrario, tanti mazzi di fiori, a dare il segno della pietà dopo i giorni fuori misura di mezza estate.

A poche centinaia di metri, Marco Panzarasa, l’amico del cuore di Alberto, interrogato a lungo per due volte, apre la finestra di casa, vede i cronisti e sbotta: «Per carità, per carità». Poi il ragazzo, che non ha mai voluto parlare davanti ai taccuini, sparisce dietro le imposte.

Stringato anche Ermanno Cappa, il papà delle gemelle che in piena estate avevano contribuito a dilatare i confini di questa storia, fra

un fotomontaggio con la cugina scomparsa e un presunto contatto con Fabrizio Corona. «Siamo una famiglia in lutto - spiega l’avvocato Cappa - in questa vicenda c’è stata troppa acredine dovuta all’eccitamento mediatico».

Parole, nella speranza che il sipario cali una volta per tutte sulla provincia e sui suoi piccoli segreti inconfessabili. Dettagli davanti a una morte così atroce. Il paese aspetta la soluzione, con impazienza: qualcuno da quel giorno ha fisicamente paura, altri hanno solo la stessa curiosità che si prova davanti a un cruciverba che ha però la particolarità di aver calamitato milioni di italiani.
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