Mancini. "La mia Inter campione di un'Italia che non guarisce"

Il tecnico dello scudetto e dei record 2007 spiega il suo orgoglio: "Riuscire a vincere in questi ultimi mesi anche senza avere tutta la rosa a disposizione. Adesso paga il lavoro iniziato il primo anno. Questo capolavoro è nato tre anni fa Moratti è il regista"

Mancini. "La mia Inter campione di un'Italia che non guarisce"

Troppo miele intorno all’Inter. Mancini conosce il mondo, questo mondo, il suo mondo. Meglio tener alte le antenne.
Mancini, tutti esaltano l’Inter dei primati. Preoccupato?
«Preoccupato, no. Ci può far piacere. Ma i record valgono se, alla fine, vinci. Sennò rimangono lì, nel nulla».
Qualcosa che la rende orgoglioso?
«Che tutti mettono tanto per far bene. Nonostante ci siano mancati giocatori che fanno la differenza. Quelli che hanno giocato hanno dato più del pensabile. Un grande contributo».
Oggi si parla anche del gruppo, della solidità di gioco...
«Qualità cercate pure nei primi anni, quando non vincevamo o stavamo costruendo qualcosa: per esempio una mentalità. Ora dico che, alla base di tutto, c’è il lavoro del primo anno. Gli allenatori sono bravi, soprattutto quelli italiani, ma se non hai giocatori forti, non vai da nessuna parte».
Ricordate il Milan di Sacchi: entrava Mannari al posto di Van Basten e tutto funzionava. Voi avete Pelè, Jimenez...
«Jimenez e Pelè hanno enormi potenzialità. Ma in una squadra forte, ognuno dà di più per essere all’altezza. I giovani devono farlo: sanno di avere un’opportunità unica».
E intanto Ibrahimovic cresce e diventa sempre più forte...
«Credo che crescerà ancora molto. Dall’anno scorso è migliorato partita dopo partita. Ultimamente non segna tanto in azione, ma guardate cosa ha combinato a Firenze: ha servito due palloni ai compagni da mettere solo in rete».
C’è un giocatore dell’Inter che ritiene il più forte al mondo?
«In questi casi ognuno la vede a modo suo: Ibra è impressionante nel fisico, ha tecnica e agilità straordinarie. Cambiasso è importantissimo. In difesa sono uno più bravo dell’altro. Giusto, Maicon è il terzino più forte del mondo».
Quest’anno la difesa è più solida?
«Direi: prende meno gol. L’anno scorso ne prendevamo troppi all’inizio, poi ci siamo stabilizzati. Ora stiamo su quella via».
È giusta la classifica del campionato?
«I valori sono questi da più di un anno. Solo il Milan è un po’ indietro rispetto a quanto vale. Ma è la bellezza del campionato nella sua bruttezza: non puoi distrarti».
Un voto all’Inter?
«Sei, perché ormai tutti parlano troppo bene di noi: è pericoloso. Meglio tenere i piedi per terra».
La sorpresa?
«La Juve. Credevo avesse più difficoltà: merito di Ranieri che l’ha messa bene, ma pure Buffon è stato importante».
Giocatori sorpresa?
«Jimenez mi ha stupito, anche se lo conoscevo. Non pensavo entrasse con tanta personalità nelle partite difficili. Può far meglio. Eppoi Hamsik: è grandissimo. Soprattutto a Napoli».
Era un giocatore che volevate...
«Vero, lo avevamo preso. Ma non si possono prendere tutti...».
Hamsik, Ya Ya Tourè, Pato: tre storie simili?
«Potevano essere nostri. Tourè lo avevamo in mano, prima che il Barcellona lo cercasse. È un centrocampista eccezionale: forte, segna. Pato? Già due anni fa guardavamo i dvd: era ancora un bambino. Ma non si può prendere tutti».
Chi vi farà pentire?
«Tourè ci serviva. Ma Pato avrà un grandissimo futuro».
Chi prenderete al mercato di gennaio: italiano? Straniero?
«Cercheremo un centrocampista. Italiano? Bisogna trovarli. Prenderemo un giocatore utile, che possa avere un grande futuro nell’Inter, importante anche per il prossimo anno».
Le hanno dato fastidio le voci su Mourinho?
«Ne sentivo parlare da una decina di giorni. Ma ho un contratto lungo, non sarebbe stato un problema mio. Eppoi un presidente ha diritto di conoscere un bravo allenatore».
La prima ragione del mancato recupero di Adriano?
«Non so. Abbiamo fatto il possibile, ma anche lui ci ha provato. Gli serve cambiare qualcosa per rinascere. Pure l’anno scorso l’abbiamo mandato in Brasile per farlo rilassare, senza nessuno intorno che rompesse... Dipende da lui, deve metterci del suo. Ha cinque mesi per tornare come prima».
Dal Valencia al Liverpool: la Champions è un trabocchetto?
«Sono squadre simili: toste, difficili, non cambia molto».
Tutti vi aspettano al varco...
«Con l’Inter è sempre così: due anni fa lo scudetto non andava bene perché vinto a tavolino, l’anno scorso perché mancava la Juve... C’è sempre qualcosa contro. Eppure anche la Juve più forte non andava bene in coppa. Starà a noi esser più bravi del Liverpool, affrontare la Champions con la testa giusta».
Quel fair play nel derby è servito a cancellare le scaramucce?
«Le scaramucce ci sono sempre, sono il pepe del derby. Prima c’era Prisco, che ogni tanto gliele cantava...».
Pentito di quella frase sulla coppa dell’amicizia?
«No, perché mettere in competizione altre squadre con i vincitori della coppa Libertadores e della Champions, è sminuire il valore delle due e anche il fascino della sfida».
Qualcosa di cui va fiero nelle scelte?
«Mi ha fatto molto piacere la resa di Chivu a centrocampo. Avevo detto a Moratti: può giocare bene pure in quel ruolo. Non ho sbagliato, anche se era facile non sbagliare».
Si dice: Mancini è stato regista nelle scelte di mercato...
«Trovo ingiusto quando dicono: l’Inter di Mancini. No, l’Inter è di Moratti. Il presidente è il regista: senza di lui avremmo fatto tutti poco. Detto questo: trovo giusto che un allenatore dica la sua sul mercato».
Julio Cesar, Cambiasso, Cruz: tre colonne impensabili?
«Sono felice per Julio Cesar. Dissi: prendiamolo! Stava per andare al Porto. Cambiasso dimostra le stranezze del calcio: preso a parametro zero da una grande squadra, quando aveva ancora una carriera davanti. Cruz mi è sempre piaciuto. Lo volevo già alla Lazio. Uno di quelli che magari gioca poco, ma nessuno vuol mai privarsene: è tutto concretezza. Ora è nel momento massimo della maturazione».
Il nostro calcio sta guarendo o c’è ancora del marcio?
«Viste le ultime novità, ho grandi dubbi che stia guarendo».
Peggio il calcio o questa Italia?
«Bella lotta: succede solo da noi. Abbiamo tante qualità, eppure riusciamo a mandare tutto di traverso: dalla politica al calcio. Siamo campioni del mondo e ci facciamo del male».
Le piacerebbe che un giorno ricordassero la sua Inter, come viene ricordata quella di Herrera?
«Sarebbe un grande onore. L’Inter di papà Moratti ha fatto la storia della società. È un sogno, basta crederci. A volte i sogni si avverano».


Nel 2008 l’Inter compirà 100 anni, che dirle?
«Innanzitutto complimenti! Cento anni sono tanti e sono poche le squadre che ci arrivano. Poi speriamo di bagnarli con una grande vittoria. Anzi, con più vittorie. Mai limitarsi: a tornare indietro, si fa sempre in tempo».

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