Manovra, sì alla fiducia in Senato E le Regioni depongono le armi

Roma«Fiduciata» dal voto del Senato, con 170 «sì» e 136 «no», la manovra economica passa alla Camera dove, inevitabilmente, resterà immutata. Non c’è tempo per un terzo passaggio parlamentare, lo sanno tutti. E così il motto tremontiano «la fiducia porta fiducia» può avere una doppia lettura: dopo il si alla manovra l’Italia va avanti con fiducia; dopo il sì di palazzo Madama ci sarà la fiducia anche a Montecitorio. Il provvedimento deve diventare legge entro la fine del mese, altrimenti decadrebbe, con conseguenze inimmaginabili sui mercati finanziari.
Il decreto riduce il deficit pubblico di 12,1 miliardi nel 2011 e di 25 miliardi all’anno nel biennio 2012-2013, al fine di ricondurlo rapidamente sotto il 3%, come richiesto dall’Europa. A tal fine blocca i contratti pubblici per tre anni, taglia le spese centrali e soprattutto periferiche, e punta sulla lotta all’evasione fiscale per recuperare maggiori entrate. L’obiettivo è di un deficit al 3,9% nel 2011 e del 2,7% nel 2012. Il provvedimento introduce numerose novità, dalla tassa sulle assicurazioni ai maggiori controlli sugli invalidi; dallo slittamento delle tasse in Abruzzo all’emersione delle «case fantasma»; dalla maggiore libertà d’impresa ai pedaggi su alcune tratte dell’Anas; dall’aggancio dei pensionamenti alla speranza di vita ai 65 anni per il ritiro delle impiegate pubbliche, a partire dal 2012; dalla riduzione dei rimborsi elettorali ai partiti alla proroga per il versamento delle multe sulle quote latte.
Il decreto arriva alla Camera «blindato». I tempi non consentiranno modifiche, anche di fronte alle richieste più pressanti. E che il decreto non cambierà lo conferma lo stesso ministro dell’Economia, anche se solo con i gesti, scuotendo la testa in risposta a una domanda in proposito. Seduto con Tremonti in un divanetto del Senato, Umberto Bossi annuisce e parla: «No, alla Camera la manovra non cambia, e per le Regioni faremo il federalismo fiscale. Abbiamo trovato la via, il federalismo andrà in Consiglio dei ministri, poi nelle commissioni e da lì parte tutto. Vado in vacanza tranquillo».
Dopo oltre un mese di durissime polemiche sembra migliorare anche il rapporto fra governo e Regioni. I tagli restano (4 miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi nel 2012 e nel 2013) ma dai governatori, riuniti nella Conferenza delle Regioni, arriva un segnale distensivo: accantonano infatti l’iniziativa più volte minacciata, quella di restituire al governo le deleghe ottenute con la riforma del titolo V della Costituzione.
«Vogliamo tenere aperta la porta del dialogo - spiega Roberto Formigoni - e chiediamo al governo un confronto immediato sui modi e sui tempi con cui applicare i tagli». Il governo, assicura il ministro dei rapporto con le regioni, Raffaele Fitto, assicura la disponibilità a discutere il merito dei tagli di spesa. E quel che le Regioni hanno perso con la manovra potrebbero riavere, almeno in futuro, attraverso il federalismo fiscale. Lo dice Bossi e lo conferma Tremonti: «Oggi lo hanno chiesto (il federalismo, ndr) anche loro».
Il giudizio delle Regioni sulla manovra non cambia, e tuttavia, dice il governatore del Piemonte Roberto Cota, «si imposta il rapporto col governo in modo costruttivo, e non con il muro contro muro». Si è voluta evitare una spaccatura che avrebbe indebolito il fronte regionale. In effetti Cota, Luca Zaia e Renata Polverini hanno frenato la voglia di scontro da parte di altri governatori, sull’esempio dei Comuni. L’Anci, dal punto di vista formale, esprimerà parere negativo sulla manovra. Un «no» che tuttavia non impedisce ai Comuni di andare avanti nella trattativa con il governo sul federalismo municipale; anche ieri si è tenuta una riunione tecnica sull’argomento. Tremonti ha promesso al presidente dell’Anci Sergio Chiamparino il via libera del governo al testo sul federalismo municipale entro il 31 luglio.
All’assemblea dell’associazione bancaria, il ministro dell’Economia è tornato su uno dei suoi cavalli di battaglia: l’aggancio dei pensionamenti all’aspettativa di vita contenuto nella manovra e approvato senza un minuto di sciopero. «Dicono che la manovra non basta, ma io dico che nella manovra ci sono le pensioni. E ci metto anche due parole in più, ci metto Pomigliano.

Le misure sulle pensioni - osserva - stabilizzano il nostro sistema, rendendolo il più sostenibile in Europa, e per le famiglie questo vuol dire tranquillità. E con l’accordo per Pomigliano, per la prima volta - aggiunge - il lavoro non esce dall’Italia, ma entra in Italia. Vi pare poco?».

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