George Soros, chi è costui? Lo spregiudicato centenario, padre degli hedge fund, che specula con «zelo messianico» o un generoso filantropo che combatte le diseguaglianze? «Ho tanti nemici, ma lo prendo come un segnale che forse sto facendo qualcosa di giusto», dice spesso di sé. Nato a Budapest nel 1930 da genitori ebrei, sfuggito all'Olocausto, riparato in America a 26 anni nel 1956, studente modello alla London School of Economics, è considerato il grande burattinaio progressista. La Open Society Institute con sedi in quasi tutto il mondo gioca a fare e disfare governi, partorire partiti, costruire politici. Elon Musk lo paragona a Magneto, il supercattivo degli X-Men della Marvel che «odia l'umanità». «Considero Soros molto più ingerente di quanto non sia Musk», ha sottolineato l'altro giorno il premier Giorgia Meloni in conferenza stampa. Come darle torto.
«Farò di tutto per dare via il mio patrimonio prima di morire». Fosse facile. Di suo ha in tasca 6,7 miliardi di euro, ha iniziato a regalarne un po' in giro sin dal 1979 con borse di studio all'estero per neri in Sudafrica, in funzione anti-apartheid. La sua idea di vita appagata è «influenzare la Storia», si calcola che da allora abbia dato in beneficenza un milione di euro al giorno, ufficialmente per promuovere la democrazia, che sia l'Est Europa o l'India, l'Africa o l'ex blocco sovietico, a partire dalla Germania Est dove sbarca nel 1984.
Ma i soldi da dove li prende? Fino agli anni Duemila la sua Quantum Fund nata nel 1973 era il fondo più redditizio nella storia della finanza, poi finì parecchio bruciato dallo scoppio della bolla dei dot.com. «Ha anche finanziato tutte le rivoluzioni colorate che hanno destabilizzato l'Est post-comunista», dalla Serbia all'Ucraina, ricordava ieri Marco Travaglio sul Fatto. I rapporti e i soldi dati all'amico Volodymyr Zelensky sono noti, a Kiev ha messo piede la prima volta nel 1990 con la International Renaissance Foundation. Di recente il New York Post gli ha rimproverato di aver finanziato indirettamente Hamas, organizzazione con cui secondo lui «Tel Aviv deve negoziare», tanto che in Israele il finanziere è mal visto.
Ha finanziato la campagna anti Brexit, predica l'amnistia per i migranti illegali, tifa per aborto e spinello libero, legalizzazione della prostituzione, attivismo sul cambiamento climatico, cultura woke e persino Black lives matter. Dall'Ungheria è scappato nel 2018 per «l'ambiente politicamente sempre più opprimente», fuga in Germania che gli valse il premio Uomo dell'anno del Financial Times.
Resta nella storia la sua nel 1992 mise ko prima la Banca d'Inghilterra con uno short selling sulla sterlina che gli fece guadagnare 1 miliardo di dollari. Dopo spinse temporaneamente la lira fuori dallo Sme, costringendoci a un salasso da 93 miliardi di lire e a svalutare la nostra valuta (guasti pagati nel concambio con l'euro) eppure per la sinistra nostrana - che finanzia profumatamente, da +Europa al Pd, anche attraverso la no profit americana Agenda, sostenuta da Democracy & pluralism - è un eroe senza macchia e senza paura. Secondo Wikileaks ci sono lui e gli Usa dietro i Panama Papers. «Mi si accusa di tutto, anche di essere l'Anticristo».
Trent'anni fa Romano Prodi gli spalancò le porte dell'università di Bologna per conferirgli la laurea honoris causa, tra le proteste della sola An. Un po' come se il tacchino del Ringraziamento invitasse i suoi carnefici a pranzo. Erano gli anni in cui «muoveva i mercati» (copyright Business week) grazie alla sua Alchimia della Finanza, titolo di uno dei suoi tanti libri. Qualche anno fa sembrò vicino a comprare la Roma calcio, poi non se ne fece nulla.
Un bel po' di soldini li ha messi sul piatto della politica. Grande finanziatore dei Democratici Usa e di Kamala Harris, ha scommesso contro George W. Bush («è un pericolo per il mondo») e contro Donald Trump («è un imbroglione ma sarà un fenomeno transitorio») e ha perso malissimo. Si è consolato con la Medal of Freedom che gli ha appuntato sul petto qualche giorno fa Joe Biden, al suo canto del cigno. La pagella italiana dei buoni e dei cattivi di Soros è facile: bene Mario Monti e Mario Draghi; male, anzi malissimo Matteo Salvini («È a busta paga di Vladimir Putin») e Giorgia Meloni («un nemico della Ue), che per tutta risposta lo ha ribattezzato «il Grande Usuraio». Oggi a occuparsi degli affari di famiglia è il figlio 37enne Alexander, seduto su 25 miliardi di dollari assieme alla fidanzata Huma Abedin, già segretaria particolare di Hillary Clinton (altra creatura politica di Soros senior).
Nel 2017 ammise che la crisi bancaria e quella migratoria in Italia fossero «la minaccia più pericolosa della Ue, democrazia molto più vulnerabile degli Usa».
Peccato che sia lui a finanziare molte delle Ong che nel Mediterraneo vanno a caccia di clandestini da recapitare sulle nostre spiagge, tanto che dopo l'accordo con l'Italia i suoi rapporti con il presidente albanese Edi Rama, atteso lunedì a Roma, siano al lumicino. Anche il giovane studente Viktor Orban che gli ha chiuso la sua università era uno dei tanti figliocci più o meno grati. Il mantra di Soros è «sono un uomo di Stato, senza alcuno Stato». O forse di troppi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.