Ecco, per gentile concessione dell’editore Luni, un brano dell’articolo di Proust che uscì su Le Matin l’11 dicembre 1919 e che era stato pensato per includerlo nella Recherche. Nel colloquio con madame de Villeparisis, il marchese di Norpois parla di Gabriele d’Annunzio e della occupazione di Fiume, che era iniziata tre mesi prima.
Ecco, vi ho portato il Corriere della Sera ed Il Giornale d'Italia. Ho anche il Temps. Voglio guardare le notizie di borsa, aggiunse con lo stesso interesse che se si fosse trattato delle notizie di una persona malata.
E, infatti, aggiunse subito:
- Le nostre rendite sono meglio distribuite, ma le miniere restano deboli. La De Beerse rialza rapidamente, forse troppo rapidamente. Bisognerebbe che poi non ribassassero!
Le Petrolifere ricominciano a mostrare dell'attività. Ma, leggete dunque Il Giornale d'Italia; è il giornale di Sonnino.
Dopo un lungo silenzio, Mm. Di Villeparisis domandò:
- Sonnino, non è forse parente di M. di Venosa?
- Ma no, rispose M. di Norpois con tono sdegnoso, è un giudeo inglese che si chiama Sidney (ma che non ha niente a che vedere col delizioso Sidney Schiff). Sembra che sia una rara competenza ma ha un carattere detestabile.
M. di Norpois continuò a leggere il giornale.
- Avete pensato a far visita al ministro, gli domandò Mm. Di Villeparisis con la severità dell'amore temperato dalla dolcezza degli anni.
- Sì, son passato da lui, prima di andare da Salviati. Mi ha raccontato delle cose molto curiose. Ignoravo, difatti, che quando Briand era al potere aveva spedito a Palazzo Farnese un telegramma in cui diceva che «se il governo italiano avesse domandato l'espulsione di Caillaux non bisognava opporsi». Ciò era malizioso e prova un'abilità diplomatica nella quale purtroppo gli italiani son diventati maestri di maniera che essi si guardarono bene dal domandar niente. Egli ha messo in relazione due telegrammi di Ribot a Jonnart che ignoravo egualmente. Nel primo, Ribot preoccupato dell'azione violenta di Jonnart che teneva un atteggiamento risoluto verso il re Costantino, gli consiglia moderazione e l'avverte che egli agisce sotto la propria responsabilità. Poi, dato che Jonnart riuscì, Ribot, che non c'entrava affatto, gli spedisce un telegramma dei più calorosi, lo felicita di tutto cuore e aggiunge: «Voi sapete d'altra parte che se aveste incontrato il menomo ostacolo sarei stato pronto ad aiutarvi con tutte le mie forze per superarlo». Questo modo sbrigativo di trarsi d'impiccio non toglie niente alla simpatia che io ho per Ribot. Piaccia a Dio che ci faccia avere sempre degli uomini come lui e come Briand!
- E questa famosa Fiume? - domandò di lì a un momento la de Villeparisis.
- Ma, diversamente da quel che io pensavo Nitti, del quale credevo che d'Annunzio fosse un vero e proprio ad latus, non è fiumano. C'era dal ministro uno scrittore francese perfettamente ignoto, certo Marcel, di cui non ricordo il cognome, che, egli sì è pieno di calore per D'Annunzio; egli paragona l'esilio volontario che quegli ha passato in Francia a quello di Dante; e ha ricomposto nuovamente o meglio retrospettivamente, tre versi di Virgilio nei quali Enea, passando dinanzi a Fiume evoca D'Annunzio; ha citato un verso di Hugo, può darsi del Piccolo re di Galizia, nel quale la maniera di prendere le città rassomiglia molto a quella di D'Annunzio e sembra che anche nei drammi di D'Annunzio vi sia indicato quel luogo con una funzione storica. Ma il governo italiano prende le cose più al serio se non al tragico. Egli vuole naturalmente salvare le apparenze ma non si tratta più di elevare D'Annunzio al trono né di accordargli un appannaggio.
Si vuole piuttosto in un modo o in un altro, ridurlo all'impotenza, e poiché mi è stato chiesto il mio parere, ho suggerito, esponendo naturalmente tutte le mie riserve sulla politica del Risorgimento, che sarebbe pericolo prolungare le conversazioni poiché tutto ciò potrebbe degenerare in una specie di guerra di fazioni, che rischierebbe di mettere fuoco alle polveri e di far perdere all'Italia il suo posto intorno al tappeto verde.
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