Maroni: «Ecco il nuovo piano per reinserire gli esuberi Fiat»

I sostegni al reddito saranno revocati a chi rifiuterà una nuova occupazione

Antonio Signorini

da Roma

Nessuna sospensione della riforma previdenziale. La proposta del governo per gli esuberi Fiat punta a far tornare al lavoro chi è stato licenziato, limita gli interventi agli ultracinquantenni e si integra con la legge Biagi. Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha alzato il sipario sul piano che l’esecutivo ha messo a punto per fare fronte agli effetti occupazionali della ristrutturazione dell’azienda torinese ed è spuntata una «sperimentazione» che potrebbe rivoluzionare il sistema degli ammortizzatori sociali. «Non è un piano di prepensionamento o di mobilità lunga - ha precisato Maroni - è una cosa nuova e diversa: far rientrare nel mercato del lavoro i lavoratori disoccupati, sostenendo il reddito fino alla nuova occupazione». Le risorse - ha assicurato Maroni - ci sono e consistono per la precisione nei 480 milioni di euro per il 2006 stanziati dalla Finanziaria per la cassa integrazione straordinaria. Sia l’azienda sia i sindacati si sono riservati di dare un giudizio sul piano, quando, la settimana prossima, saranno resi noti i dettagli del piano. Un accordo dovrà comunque essere trovato entro il 20 febbraio.
La proposta che il governo illustrerà alle parti accoglie molte delle richieste del Lingotto. Ci sono i tre anni di mobilità a carico dello Stato, i quattro a carico dell’azienda e gli ultimi tre con un’integrazione al reddito da ripartire tra i due in proporzioni da definire. Il tutto, però, con una impostazione in stile legge Biagi. Un forte orientamento al reimpiego che, in concreto, si traduce in formazione professionale e programmi di reinserimento curati da Italia Lavoro, province e comuni, ma anche da operatori privati che il governo incontrerà in questi giorni.
Uno sforzo notevole per lo Stato, che dovrà accompagnare fino alla pensione chi non riuscirà a trovare un impiego, al quale corrispondono paletti precisi per aziende e lavoratori. Questi ultimi non potranno rifiutare un nuovo impiego, pena la perdita del reddito. Tutti saranno chiamati a sorvegliare: le istituzioni pubbliche, ma anche l’azienda e i privati che si occupano di collocamento. Anche per chi verrà meno a questo obbligo sono previste penalizzazioni. L’altro paletto riguarda le aziende, che non potranno utilizzare questo nuovo ammortizzatore per far uscire dipendenti anziani e costosi per sostituirli con giovani meno onerosi.
«Se la Fiat vorrà fare nuove assunzioni - ha spiegato il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi - dovrà necessariamente pescare dal bacino di lavoratori in mobilità».
L’altra preoccupazione dell’esecutivo era quella di non fare un provvedimento ad hoc per la Fiat. «Siamo partiti dalla questione della Fiat - aggiunge il sottosegretario Roberto Rosso - ma non ci siamo rivolti solo al gruppo automobilistico. Questo programma sperimentale sarà un’opportunità per tutti, ad esempio per l’elettronica abruzzese che sta attraversando un periodo difficile e anche per altri comparti».
A facilitare il reinserimento dei lavoratori ultracinquantenni ci saranno anche le misure previste dalla legge Biagi, come quella recentemente applicata che abbatte il costo del lavoro per tre anni per ogni ultracinquantenne disoccupato che viene riassunto. L’obiettivo, quindi, è quello di far tornare alla vita attiva tutti gli interessati dal nuovo ammortizzatore.
L’attesa per una soluzione agli esuberi Fiat era grande. Ieri il presidente del gruppo e leader degli industriali Luca Cordero di Montezemolo aveva fatto appello al «senso di responsabilità» delle istituzioni. «La Fiat - aveva spiegato prima dell’annuncio di Maroni - è la più grande impresa del Paese e, come tutte le imprese, deve sentire vicino a sè l’attenzione, la simpatia e il supporto». Più in generale, Montezemolo ha accusato la politica, entrambi i poli, di aver «abbandonato l’industria». «Negli ultimi cinque anni - ha detto all’inaugurazione dell’anno accademico della Luiss - abbiamo visto il centrodestra e il centrosinistra d’accordo soltanto su una cosa: i due poli sono stati uguali per la mancanza più totale di politica industriale. Non c’è mai stata vera attenzione all’industria».

Il suo giudizio, gli ha replicato il sottosegretario alle Attività produttive Roberto Cota, «si smentisce da solo proprio nel giorno in cui il ministro Maroni si è fatto carico di una proposta concreta nell’interesse dei lavoratori coinvolti nella vicenda Fiat».

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