Mastella: "Villari? Ha ragione lui, non il Pd"

Il leader Udeur: "Deve andare avanti e chiedere di essere “processato” dal partito: sarà come Galileo. Ma si dimetterà solo se salta l’intesa con l’Italia dei Valori"

Che cosa consigliereste voi al senatore Riccardo Villari, presidente appena eletto della Vigilanza Rai, se domani Veltroni gli intimasse nuovamente di dimettersi, pena la scomunica e l’espulsione dal Pd, perché il leader deve rispettare il patto con Di Pietro? Clemente Mastella, che conosce bene Villari e pure la strana coppia Veltroni/Di Pietro, non ha dubbi: deve resistere e «farsi processare» dai vertici del suo partito, «sarà un processo come quello subito da Galileo».
Mastella, per caso è lei che sta consigliando Villari in queste ore?
Non nega e non ammette, l’esule di Ceppaloni. Tace un poco, poi risponde: «Volessi vantarmi, potrei dire che Villari è un po’ una mia creatura. Tra noi è rimasta una grande amicizia».
Ma non aveva mollato il «pacco» anche a lei, quando se ne andò dall’Udeur emigrando nella Margherita?
«No, quella fu una scelta politica, se ne è andato ma conservando una grande amicizia. È venuto anche a casa durante la vicenda di mia moglie, e ha sempre parlato bene di me, non come altri».
Lei che lo conosce bene, che tipo è?
«È una persona seria e capace, e ha in sé quella sorta di furbizia che in termini napoletani si direbbe cazzimm’».
Vuol dire che è un perfetto esemplare di democristiano partenopeo?
«No, qui non c’entra l’essere democristiano. Però lui sta portando avanti, secondo me in maniera intelligente, la linea del profilo istituzionale. In definitiva, che dice Villari? Che indietro non si può tornare; voi mi paragonate a De Gregorio? Io non sono De Gregorio perché sono pronto a farmi da parte, e lo farò non appena si instaura un rapporto corretto tra maggioranza e opposizione, che in questa commissione è essenziale: il presidente della Rai si nomina coi due terzi dei voti. Io resto qui come stimolo a superare lo stallo; e appena voi trovate una soluzione con Di Pietro, io libero il campo».
E se Veltroni, coi duri e puri dipietristi del Pd, insistono: se non ti dimetti hic et nunc ti cacciamo?
«Lui aprirà una questione: mi cacciate, perché? Vediamo. Si apre questa cosa a livello di partito, e si apre sotto forma di processo. Ne viene un processo come quello a Galileo».
Avanti così dunque, senza se e senza ma?
«Si dimetterà quando si sono create le condizioni. Insomma, quando sarà saltata l’intesa con Idv».
Non ha l’impressione che tra Bocchino, Quagliariello e Ferrari, abbiano tirato il classico «pacco» napoletano a Veltroni?
«Non è questione di trappole, in questo imbuto il Pd è arrivato per una scelta nata alle elezioni politiche. Se il giorno dopo Di Pietro ti dice che non vuol più fare il gruppo unico con te, i casi sono due: o tu hai gli attributi e rompi con lui, oppure cedi e poi sei costretto a cedere sempre. E cedi perché quello vuole lo scontro continuo con la maggioranza, cedi sulla Vigilanza perché Orlando la vuole, cedi sul governatore dell’Abruzzo, cedi e cedi è ovvio che la strategia del Pd prima o poi collassa. In questo caso, è collassato».
Veltroni non ha saputo riscattarsi dal peccato originale del morso alla mela di Tonino?
«Come strategia si è rivelata sbagliata. Anche perché non è che siano alle porte le elezioni politiche, che ti costringono a tenere unita l’alleanza anche a costo di sacrifici. Qui no, a rapporti cortesi si risponde con correttezza, ma se non c’è correttezza te ne vai avanti per la tua strada».
Qual è il suo «commento politico» sul nodo della Vigilanza?
«Nessuno nega all’Idv il diritto di esprimere il candidato presidente alla Commissione di vigilanza sulla Rai, avendo fatto gli accordi in questo senso. Ma non si capisce perché l’Idv debba dire: Orlando o nessun altro. Orlando poteva andare se era garantito all’altra parte Pecorella per la Corte costituzionale. Ma se loro fanno saltare Pecorella, è ovvio che salta pure Orlando. Questa è la politica! O si accetta il principio che ognuno accetta il designato dell’altro, oppure è ovvio che se tu fai le pulci al mio costringendomi a ritirarlo, io faccio altrettanto al tuo».
Par di capire che Veltroni si sia infilato in un cul de sac. Come pensa che ne uscirà?
«Credo che dirà a Villari di dimettersi a tutti i costi. Ma non credo che Villari obbedirà, altrimenti si sarebbe dimesso subito. La sua forza sta proprio nel rifiutarsi di fare il disertore e attestarsi sulla linea istituzionale. Anche con la cazzimm’ di cui parlavo, ha detto che se ne va appena trovano una soluzione: conviene anche a Veltroni che lui resti lì nel frattempo, per non tornare ad una situazione di stallo. Visto che c’è da prendere anche decisioni importanti, tra l’altro».
Secondo lei, Veltroni ha la forza di dire a Di Pietro che è ora di cambiare cavallo?
«È il leader dell’opposizione, e può benissimo dire ad Orlando: mi dispiace molto, abbiamo fatto l’impossibile ma a questo punto... non è la prima volta che succede. Orlando fa il sacrificio, e andrà a fare qualche altra cosa in un’altra occasione: non mancano le presidenze di commissione, anche all’opposizione».


Mi perdoni se insisto, ma proprio non sospetta un accordo, fra quei tre napoletani?
«Certamente ci sono anche motivi di amicizia. Dovendo scegliere uno fra gli altri, è ovvio che scegli chi conosci meglio».

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