Mediaset, i pm assolvono i figli di Berlusconi

Stefano Zurlo

da Milano

Più di due anni di indagini, rogatorie in mezzo mondo - dalle Isole del Canale alla Svizzera e Montecarlo - ma nemmeno una prova da portare davanti al giudice. Così, alla fine, la procura di Milano si è arresa e in otto pagine, con corredo di 34 faldoni, chiede l’archiviazione di una delle tante indagini avviate contro la famiglia Berlusconi. In particolare, i pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale avevano messo nel mirino i figli del Cavaliere, Marina e Piersilvio, rispettivamente presidente di Fininvest e vicepresidente Mediaset, contestando loro due reati gravissimi: la ricettazione e il riciclaggio, in uno stralcio dell’inchiesta sulla compravendita dei diritti televisivi e cinematografici. Ma dopo aver passato al pettine tutti i possibili indizi, la Procura ha dovuto firmare la capitolazione. Anzi, al momento di riassumere i modesti risultati raggiunti, Robledo, che a suo tempo non avrebbe nemmeno voluto aprire quel fascicolo, si è defilato. Lasciando al collega il compito di sbrigare la pratica.
«Le indagini su Marina e Piersilvio Berlusconi non avrebbero dovuto neanche cominciare - afferma il loro difensore Nicolò Ghedini -. Comunque prendo atto della richiesta del Pm, anche se non ho avuto ancora modo di leggerne le argomentazioni a sostegno e spero in un’archiviazione definitiva da parte del giudice».
«Meri prestanome, non gestori», risponde a distanza la Procura nel documento inviato al gip quasi a testimoniare il perché di un’inchiesta-flop, per di più così lunga, sui figli del Cavaliere. E a rinforzare il ragionamento c’è, in allegato, un verbale dell’immancabile avvocato inglese David Mills, già rinviato a giudizio con Silvio Berlusconi nel troncone principale dell’indagine. Mills parla di «profitti destinati a beneficio di Marina e Piersilvio Berlusconi», poi aggiunge: «Si voleva che questa struttura legale restasse riservata».
Quale struttura? In pratica, all’inizio degli anni Novanta, quando Marina e Piersilvio erano solo due giovani studenti universitari, furono create due società, ribattezzate Century One e Universal One, con lo scopo, a sentire i Pm, di aggirare il fisco italiano e organizzare fondi neri. In questi due contenitori sarebbero transitati circa 300 milioni di dollari.
Sul suo tavolo il gip troverà anche la richiesta di rinvio a giudizio per un altro dei protagonisti di questa vicenda: il produttore cinematografico romano Alfredo Cuomo, accusato di concorso in falso in bilancio per Mediaset. Avrebbe infatti contribuito a gonfiare per 25 milioni di dollari circa il valore dei diritti tv oggetto di compravendita da parte di Mediaset. A Cuomo era stata contestata anche un’appropriazione indebita da decine di milioni di dollari, ma questo capo d’accusa si è perso per strada, causa prescrizione. Dunque, di tutta la complessa indagine avviata nel 2004 resta solo un piccolo moncone.
Il processo a Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri, David Mills e altri nove imputati, inizierà invece a Milano il prossimo 21 novembre. Lungo l’elenco dei reati che i Pm cercheranno, a vario titolo, di provare: falso in bilancio, appropriazione indebita, frode fiscale, per episodi che vanno dal 1997 al 2000.

Tre giorni dopo, il 24 novembre, la Cassazione scriverà l’ultimo atto di uno dei grandi dibattimenti «politici» nati a Milano negli anni Novanta: il caso Sme. Ma il tempo dei bilanci, dopo 12 anni di inchieste, non è ancora arrivato: l’ex premier e il Biscione restano sotto i riflettori della giustizia di rito ambrosiano.

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