da Roma
Se le «scaramucce» politiche interne arrivano a piegare la politica estera di una nazione, allora cè qualcosa che non va. Già, perché quando un governo si assume impegni e responsabilità in campo internazionale, chi viene dopo non può far finta di niente, o peggio, fare lesatto contrario. Il monito è arrivato da Pier Ferdinando Casini, nella veste di presidente in carica dellUnione interparlamentare, nel corso del secondo giorno di lavori del seminario internazionale del Movimento cristiano lavoratori e Fondazione Europa popolare sul tema del dialogo sociale e delle prospettive di cooperazione nellarea del Mediterraneo. «Quando il governo Berlusconi manda i soldati in Iraq o in Afghanistan - ha detto Casini - di fatto impegna moralmente anche il governo successivo. Per un principio di continuità istituzionale, i governi passano ma la politica estera rappresenta lidentità di un Paese: diversamente si diventa un Paese barzelletta».
Sul fronte del dialogo fra culture, il leader Udc ha individuato proprio nel Mediterraneo il terreno in cui si gioca «lo scontro fra nord e sud del mondo», quindi il nostro futuro. La chiave, ancora una volta, sta nella «consapevolezza della nostra identità e delle nostre radici, per sostenere il dialogo con masse molto più motivate di noi sul piano religioso». Di «dialogo fruttuoso» ha parlato anche il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ricordando che «la Chiesa riconosce che tutte le culture possiedono semi di verità e valori autenticamente umani e umanizzanti». E che, anzi, «talvolta alcuni di questi valori sono stati praticati con più coerenza dai non cristiani». Porte aperte al confronto, dunque, pur nel rispetto - anzi con il necessario riconoscimento - della propria identità. Ben venga il dialogo, e con esso la cooperazione internazionale e la definizione di una politica mediterranea, di cui il presidente di Mcl Carlo Costalli ha rilevato con delusione lassenza nei dibattiti congressuali dei Ds e della Margherita.
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