Almeno loro, almeno gli aspiranti europei non dovrebbero avere difficoltà nel far propri i principi delle intese europee. E nel caso della Croazia che anela allUnione dove spera daccomodarsi fra un paio danni (o tre), ma che ha ancora pendente con Roma la questione degli indennizzi agli esuli italiani per i beni confiscati, esiste un precedente rigoroso e attuale per risolvere la controversia. Esiste laccordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 che consentì di rivedere «il regime delle opzioni di cittadinanza» per gli altoatesini. I quali poterono tornare nella provincia di Bolzano, se avevano in precedenza «optato», appunto, per la Germania (che sera annessa lAustria). E ai quali fu ridata la concreta possibilità di tornare in possesso dei loro beni. Tutto ciò fu reso possibile perché laccordo intendeva affrontare il problema «in uno spirito di equità e di comprensione» (in a spirit of equity and broad-mindedness, secondo il testo originale e ufficiale in inglese).
Ora, se pochi mesi dopo la fine della guerra mondiale che fu anche una guerra fratricida per gli europei, si poté arrivare a questintesa nonostante gli odi, i rancori, i crimini che avevano insanguinato il Vecchio Continente, come si fa nel sessantaduesimo anno di pace continentale a non raggiungere almeno - almeno - lo stesso risultato? Comè immaginabile che nel 2007 il presidente di un Paese che desidera integrarsi in Europa ricorra a un linguaggio e a toni irricevibili nei riguardi proprio del Paese con cui è aperto un contenzioso, come ha fatto il croato Stipe Mesic con il presidente Giorgio Napolitano? Sono linguaggio e toni che fra capi di Stato e di governo si faticano a trovare persino allindomani del tragico conflitto e delle dittature, quando i torti commessi dalluno potevano condizionare le ragioni dellaltro, e il dialogo trasformarsi in monologo. In rancoroso monologo.
Eppure, furono poste le basi non solo per dar vita a quellUnione «alla pari» che oggi fa gola a tutti, anche se poi tutti la criticano (e alcuni la bocciano coi referendum), ma soprattutto che ha insegnato come risolvere le questioni più scottanti. E dunque «rendere giustizia» ai 350mila connazionali che furono costretti alla fuga dallIstria e dalla Dalmazia, restituire la verità agli infoibati e i beni o il loro equo indennizzo ai cacciati, è «una condizione» per far parte della famiglia europea. Sarebbe davvero arduo che nel 2007 non si applicassero lo spirito e le misure adottate già nel 1946 per il caso analogo. Analogo e pur diverso, tra laltro, perché il destino che toccò agli italiani delle terre oggi croate e slovene fu generalmente ben più tragico. E tuttavia nessuno fece odiose distinzioni delle sofferenze, ma si decise, saggiamente e concordemente, che gli altoatesini potevano tornare a casa e tornare in casa.
f.guiglia@tiscali.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.