Il rischio delle terre spopolate

Non c'è nulla da negare sulla crisi climatica, quanto piuttosto restare aderenti alla realtà

Il rischio delle terre spopolate
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Che i burocrati della sostenibilità abbiano preso una piega ideologica, non da oggi, lo documenta con autorevolezza Roger Abravanel in un suo recente saggio (Le grandi ipocrisie sul clima). E si tratta di un parere che non è certo ascrivibile al pensiero della destra oscurantista o negazionista. Così come coloro che cercano di porre attenzione al ruolo dell'Uomo nella battaglia contro gli effetti dell'emergenza climatica non possono essere arruolati tra i neo-negazionisti.

Non c'è nulla da negare sulla crisi climatica, quanto piuttosto restare aderenti alla realtà. Innanzitutto, ricordando che l'Italia è in linea con l'obiettivo del -55% al 2030 di emissioni di gas serra: anche in questo caso la fonte è autorevole e priva di connotati ideologici, visto si tratta di Edo Ronchi, in passato leader dei Verdi e già Ministro dell'Ambiente, che ha detto: «Nel 2023 le emissioni di gas serra in Italia sono diminuite di oltre 26 milioni di tonnellate, oltre il 6%, scendendo per la prima volta sotto la soglia dei 390 milioni di tonnellate di gas serra. Si tratta della più grande riduzione delle emissioni di gas serra registrata in Italia dal 1990 ad oggi, se escludiamo il 2009, il 2013 e il 2020,

tutti anni di importanti crisi economiche, mantenendo questo trend l'Italia raggiungerebbe l'obiettivo prefissato del -55% al 2030». Quindi anche Ronchi deve essere tacciato di negazionismo? Veri negazionisti finiscono per essere proprio le vestali della sostenibilità, incapaci di comprendere che il problema urgente del nostro Paese sono le misure di adattamento, come ho ricordato in occasione dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cop29 di Baku. Come Commissario alla ricostruzione sisma 2016 sono impegnato nella messa in sicurezza del territorio non solo dalle scosse sismiche, ma anche dai crescenti eventi estremi causati dai cambiamenti climatici che investono un territorio reso ancora più fragile dallo spopolamento e da un inselvatichimento che appesantisce i versanti già fragili che, come ha dimostrato l'analisi dell'alluvione in Emilia Romagna del maggio 2023 del professor Armando Brath - altro pericoloso negazionista secondo la logica degli ideologi del clima provocano lave torrentizie che sono le più devastanti per persone e cose. Intendiamoci, sono tante le concause la cementificazione, una cattiva manutenzione degli alvei, una Pa non sempre efficiente ma sarebbe riduttivo trascurare il mancato presidio umano a monte.

La sfida che tutti abbiamo

davanti all'emergenza climatica è quella di essere pragmatici: la riduzione delle emissioni di Co2, necessaria, deve essere accompagnata da un percorso di adattamento che non può prescindere dal ruolo attivo dell'Uomo. Il presidio umano nelle aree interne e soprattutto montane e collinari è essenziale per limitare i disastri di precipitazioni che finiscono per trascinare a valle e sui litorali (a Valencia, come in Sicilia e in Emilia) un tappeto boschivo ancora non radicato, che se lasciato a sé stesso finisce per fare la fine di una tovaglia che cadendo dal tavolo trascina con sé tutte le suppellettili.

L'Italia è un Paese fragile con i due terzi delle frane di tutta Europa che si trova nel mare che si sta riscaldando più di tutti al mondo, una situazione di rischio crescente che ci espone agli effetti dei cambiamenti climatici sempre più frequenti,

soprattutto nelle zone montane che hanno subito un forte spopolamento che ne ha pregiudicato le funzioni che assicuravano la tenuta del territorio.

*commissario di governo per la ricostruzione post-sisma nel Centro Italia

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