nostro inviato a Torino
Un salto a piè pari e giù dall'autobus grigioverde. Come un solo uomo. Anzi, come due donne. Due donne alpine. Due caporalmaggiore, Rossella e Annalisa. Atterrano in piazza Castello con i loro anfibi, fasciate nella mimetica. I capelli raccolti spuntano meno della lunga penna nera che portano con ostentato orgoglio. Non sono state combattenti, né, di conseguenza non sono reduci, ma, assieme alle altre commilitone che, stessa tecnica e stessa grazia, si sgranano in rapida sequenza dall'autobus, sono decise a conquistare Torino. E lo fanno già dopo pochi passi. Quando i «veci», per tacer dei «bocia», accampati nei paraggi, smettono, magicamente di intonare cori e di alzare i calici e girano la testa a compasso per guardarle. Ammirati, estasiati.
Resa l'idea? D'altra parte per far star zitto un alpino in un'adunata nazionale, come la numero 84 apertasi ieri a Torino, converrete che ce ne vuole. Fermate Barbara, per esempio e vi dirà che si è arruolata 17 mesi fa. Raggiante di essere qui sotto la Mole anch'essa tricolore: «Sono strafelice di essere qui a sfilare. Arruolarmi era il sogno della mia vita». Sull'attenti, da Nord a Sud. Dal Centro addestramento alpino di Aosta, come dal 9° Reggimento di stanza a l'Aquila. «Solo portando questo cappello - dice Deborah, mentre si fa trascinare volentieri per una foto di gruppo con una folta delegazione padovana - si può comprendere che cosa è lo spirito degli alpini». Chissà se i cinquecentomila convenuti dal monte, ma anche dal piano, domani sera, al termine della tre giorni di sfilate, bagordi e commozione intensa per quelli che non ci sono più, eleggeranno anche «Miss Penna Nera».
A far battere forte forte il cuore non si sono solo gli alpini a Torino, ma anche gli atleti del Giro d'Italia. Tanto che la festa vira dal grigioverde al rosa, nel giro di pochi metri. Così accanto alle Yamaha 600 di cilindrata che faranno da staffetta ai corridori, c'è il blindato Puma operativo in Libano, Kosovo e Afghanistan. E poi ci sono le biciclette, i cagnolini con la penna in testa, la Fanfara di Mondovì, con il suo sassofonista che recita i brani in dialetto stretto, e i muli. Possono mancare i muli, inseparabili compagni di tante avventure in montagna? Ecco quindi Pippo, Bionda, Bruna e la piccola Valeria, che lasciano il campo di Lungo Dora per una passeggiata trionfale in città: «Alpini oggi, domani e sempre». Verranno pure da Grantorto nel Padovano, gli alpini che hanno alzato il vessillo, con questo slogan, nella tendopoli di Corso Giulio Cesare, ma hanno perfettamente ragione. E Torino, ancora una volta, con il suo cuore grande ha voluto e saputo accoglierli con un enorme sorriso tricolore e migliaia di bandiere che sventolano, tra gli applausi, al passaggio della pattuglia acrobatica della nostre celebri «Frecce» quando il vessillo di guerra della Taurinense e il labaro dell'Associazione giungono in piazza Castello.
Sono le 18,30 è l'ora X, il segnale che la festa può cominciare ufficialmente. Anche se è cominciata da ieri e da avant'ieri. La Foccaceria chiede rinforzi per distribuire le birre e i calici di rosso, le bancarelle con i gadget ufficiali stentano a far fronte alle richieste di una clientela variegata che va dai due ai 92 anni, sì 92: «Ho una penna in testa che non è mai diventata bianca», mi sussurra all'orecchio, Giulio da Modena. Gli alpini conquistano con un sorriso rassicurante. Così quando Silvano Mazzola, 67 anni, del gruppo di Bergamo guida il plotoncino che fa irruzione per lo shopping nella boutique di AnnaCaffè, in via Roma, in cambio, dalle dolcissime commesse, riceve il trattamento che si merita. Non solo il caffè per sé e per tutti suoi uomini, ma anche il candido bacio dell'ospitalità e, naturalmente, lo sconto alpini. «Vedi - dice Silvano - ci vogliono bene ovunque perché noi non siamo mai cambiati. E in queste adunate ritroviamo lo spirito dei vent'anni. Attento però: i vent'anni se ne sono andati, ma lo spirito è rimasto lo stesso. Adesso, andiamo su, datemi un altro bacio ragazze...».
Ritto, come fosse sull'attenti, impegnato a dare disposizioni per il lancio di domani c'è anche Franco Francescon, presidente dell'Associazione alpini paracadutisti. Alpini paracadutisti? «Certo, il primo plotone aggregato alla Tridentina risale al 1952 , oggi sono un reggimento il Monte Cervino di stanza a Montorio Veronese». Più paracadutisti o più alpini? «Prima di tutto alpini, perché siamo alpini nel Dna. Come questo qui di Soverato», dice dando una pacca sulle spalle al suo vicino.
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