Diego Pistacchi
da Genova
Parla senza prendere neppure il respiro, Paolo Calissano. Non ce la fa più. Due giorni di isolamento e di pensieri fissi. E tanta voglia di raccontarsi. Di spiegare anche cosa è successo in quella terribile notte di cocaina e morte nel suo appartamento genovese. «La morte di Ana Lucia è stata solo una fatalità», riesce a dire prima che gli agenti della polizia penitenziaria che lo piantonano in ospedale gli chiedano di non dire una parola in più. Almeno sulla ballerina, sulloverdose, sul festino. Va bene. Ma Calissano ha tante cose da dire, e dove non ci sono i paletti dellinchiesta lui prova ad «evadere».
La droga, certo. E i suoi perché. «Perché non ce la facevo più, ero disperato, depresso. Ma voglio curarmi e dire agli altri che questa non è la strada per combattere la depressione. Voglio che imparino dalla mia esperienza». È già disteso sul lettino della sua «cella» del San Martino di Genova. La maglietta bianca alla pelle gli dà unaria da paziente modello. Ma Calissano non ce la fa a stare fermo. Si alza di colpo, e riprende a parlare. Di fronte ha Fabio Broglia, consigliere regionale dellUdc, che è andato a trovarlo. E che è anche presidente della commissione regionale sicurezza e carceri. «Grazie di essere qui. È la prima persona con cui riesco a parlare - gli stringe la mano lattore -. Ci ho pensato tanto. Io sono conosciuto come personaggio televisivo, ma il mio aspetto esteriore è molto diverso da quello interiore. Ora voglio mettere a disposizione me stesso per questa iniziativa, contro la droga». Il carcere lo ha cambiato. «Ho trovato tanta umanità, la polizia penitenziaria si è comportata benissimo con me - ricorda -. Per quello è andata bene. Ma ho capito tante cose. Ora non vedo lora di dire a tutti la verità dei fatti, non sono uno spacciatore. È stata una fatalità». Gli occhi dei poliziotti tornano a essere corrucciati. E Calissano torna a guardarsi dentro: «Sono depresso, sì. Il lavoro non mi ha aiutato, non va bene. Avevo proposto alcune cose alla Rai, ma non hanno saputo capire il valore artistico di quei progetti. Ci tenevo, ma non me li hanno accettati».
Lavoro, ma non solo. La vita gli ha riservato due prove troppo dure da affrontare tutte insieme. «Sì, la morte di mio padre è stato un brutto colpo, ma anche quella del figlio...». Parla a ripetizione, Calissano, e salta da un argomento allaltro. Su questo punto però si blocca, e Fabio Broglia non se la sente di spingersi oltre, di chiedergli di più su questo figlio di cui non si era mai parlato. Torna a sdraiarsi sul suo letto, laltro che cè nella stanzetta resterà vuoto. Non ha giornali a disposizione, ma guarda tanta televisione. Il contatto con il mondo ce lha. Non con la sua famiglia. Perché il fratello Roberto è costretto a restare fuori. Prima di entrare, Broglia lo incontra: «Mi ha chiesto di portare allattore la sua solidarietà, quella della madre che è a pezzi». E Calissano gradisce queste poche parole. «Sono preoccupato per loro, per la mia famiglia - dice -. Temo che questa situazione sia molto dura per loro». Non se lo sono mai detti, ma i fratelli sono daccordissimo su una cosa. «Abbiamo già contattato uno specialista, e una comunità di recupero nel Nord Italia per curarlo», spiega Roberto. «Voglio uscire dal giro, farmi curare», assicura Paolo. Che va avanti per tre quarti dora a ripetere questa sua voglia matta di cambiare. Vorrebbe soffermarsi su quella «fatalità» che ha ucciso una ballerina nel suo letto, ma intervengono i poliziotti, per lultima volta: «Dobbiamo ricordarle i suoi obblighi...». Dal Brasile, il padre di Ana Lucia grida allomicidio, non crede sia stata unoverdose e ripete che sua figlia lavorava in una fabbrica di ricambi dauto. Ma di questo Calissano non può parlare. Si rialza dal lettino, si affaccia alla piccola finestra con le grate che dà sullospedale, e stringe la mano al consigliere regionale, che promette di tornare a trovarlo presto.
In mattinata, al magistrato che doveva interrogarlo, lattore aveva chiesto di avere pazienza, di aspettare perché ancora non se la sentiva di rispondere a tutte le domande con lucidità. E il gip Elena Daloiso, almeno questa richiesta, glielaveva accettata.
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