"Mia madre uccisa dopo 11 denunce inascoltate"

A 22 anni trova la forza per diplomarsi: "Ora voglio iscrivermi all'università"

"Mia madre uccisa dopo 11 denunce inascoltate"

Dopo l'orrore, la rivincita da una vita piantata di traverso. Eppure a 22 anni il traguardo del diploma.

Quanto è dura per un orfano di femminicidio rimettersi a studiare?

«Per me per anni è stato impensabile. Trovare la concentrazione quando l'inferno ti cade addosso... Non puoi permetterti di studiare quando hai paura ogni giorno, soprattutto per tua mamma. Dopo c'è stato il lutto con cui ho dovuto fare i conti. Ho perso anni. Non potevo fare diversamente».

Come si fa a ricostruire dopo l'inferno?

Sorride, quasi a schernirsi. «È un lavoro tosto, che devi fare su te stesso. Attraversare quel dolore fino in fondo. Dopo, solo dopo, ricostruisci. Devi ripartire dalle tue possibilità. Ma ho capito che se vuoi rialzarti lo devi fare da solo. Non puoi aspettare che qualcosa magicamente appaia dal cielo e ti riporti su. La devi trovare tu quella forza. Lo ripeto ai ragazzi che hanno vissuto la mia stessa situazione».

Cosa sogni per il futuro?

«L'università. La mia fidanzata è laureata in giurisprudenza. Tra noi è nata una sana competizione».

A un mese dal suo diciottesimo compleanno è diventato orfano. Cosa ricorda di quel giorno?

«Ogni cosa, come se fosse ora. Come se lo avessi rivisto da fuori cento mille volte. Ero sul divano a casa dei nonni materni, eravamo scappati da loro, vivevamo lì ormai da sei mesi, eppure quella bestia che mia madre aveva conosciuto cinque anni prima non ci voleva lasciare in pace. Quel giorno la mia vita ha cambiato colore».

Lo chiama sempre la bestia, solo una volta si corregge e dice «quel niente».

Dov'era sua madre quando è stata uccisa?

«Era appena stata dai carabinieri a fare l'ennesima denuncia. L'undicesima per l'esattezza. Can che abbaia non morde signora, stia tranquilla, le avevano risposto così. Ma mia mamma a casa non c'è più tornata. Quella bestia l'aspettava davanti alla macchina, l'ha buttata dentro a forza e le ha scaricato addosso il caricatore di una pistola. Non contento le ha preso la borsa e rubato il bancomat per prenderle i soldi. Lo hanno ritrovato ad una stazione, non troppo lontano, mentre tentava la fuga».

Cosa le manca di più?

«Quando soffro molto, a volte faccio il suo numero di telefono, anche se so che non risponderà più».

Poi l'incontro con l'associazione Edela...

«Due anni fa l'incontro con la fondatrice, Roberta è la mia manna dal cielo. Il ritorno a scuola passa da lì, grazie alle cure e all'amore di chi non ti abbandona e ti tratta come un figlio. Mi sono rimboccato le maniche, ho perso tanti, troppi anni, ma prima non potevo avere le forze per concentrarmi sui libri.

Gli anni prima che mia mamma venisse ammazzata, lui la picchiava, ogni scusa era buona per alzarle le mani addosso. Quanto avrei voluto proteggerla di più. Ma ero solo un bambino, molte cose le ho capite dopo averci tanto ripensato. E invece questa vittoria, questo diploma è anche per lei».

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