«La mia messa giapponese che sposa Vangelo e Zen»

«La mia messa giapponese che sposa Vangelo e Zen»

I diciannove anni in Giappone, da missionario saveriano, padre Luciano Mazzocchi li mostra nella pratica dello zen che coniuga al Vangelo. In via Pattari 6, dove vive, il centro «La Stella del Mattino» (www.lastelladelmattino.org) propone la meditazione buddhista alla luce della spiritualità cristiana. Attualmente responsabile della cappellanìa cattolica per la comunità giapponese della Diocesi di Milano, padre Mazzocchi dice messa tutte le domeniche (omelia in giapponese) presso la cappella di Santa Maria Annunciata, in piazza Duomo. Per iniziativa sua e del monaco zen Jiso Forzani è attiva a Galgagnano (Lodi) la comunità «Vangelo e Zen». «Siamo entrambi profondamente consapevoli che il dialogo è una nuova alba dell’esperienza religiosa del mondo», spiega padre Mazzocchi.
Perché il nome «La Stella del Mattino»?
«Nel buddhismo si dice che l’8 dicembre, all’alba, Siddharta Gautama, il futuro Buddha, alzò gli occhi dalla sua meditazione e vide la stella del mattino, lucida e silenziosa, immobile nel cielo. Allora capì l’errore in tutto il suo struggersi e dimenarsi, nel fare penitenza per liberarsi dalla catena del dolore. Realizzò che la via era nel rientrare in se stesso e non nel bramare il raggiungimento di alcunché. Oggi l’8 dicembre viene festeggiato nella tradizione zen giapponese come il giorno che segna il concepimento del cammino buddhista. Lo stesso giorno i cattolici festeggiano Maria Immacolata e l’alba del cristianesimo».
A proposito di Giappone, a noi pare un luogo privo di emozioni, freddo e distante...
«Il giapponese fluisce con naturalezza nei suoi rapporti. Si tratta di un andar per gradi che può sembrare formalità e freddezza. Le cose si complicano ancora di più se, poniamo, il giapponese che ci è parso distante, quasi impacciato, si mettesse d’un tratto a eseguire una danza per noi. Vede, i giapponesi non sono omologati come sembrano, hanno espressioni di spontaneità molto raffinate. Probabilmente quella danza era fissata da tempo. Solo che ogni cosa deve essere collocata al posto giusto».
Un emiliano innamorato del Giappone, un predestinato...
«Ma io penso che l’emiliano, con la sua adattabilità, è preparato all’incontro col Giappone. E poi la serie cinematografica di Don Camillo e Peppone ha avuto grande successo laggiù».
Che aria tira oggi fra i cattolici per il dialogo?
«Tutti sanno che il dialogo interreligioso è un segno dei tempi, anche se talvolta lo si intende come una sorta di diplomazia cortese. Ci sono cattolici i quali ammettono persino che l’altro possa insegnare loro qualcosa, e tuttavia restano convinti di possedere la verità in esclusiva».
Mai avuto problemi personali?
«“Civiltà Cattolica” ha parlato di eresia a proposito dei miei libri sulle connessioni fra cristianesimo e zen. In seguito sono stato chiamato a Roma per rispondere ad alcune domande. Poi con una lettera di Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ho ricevuto l’autorizzazione a proseguire la mia opera».
La questione che crea maggiori attriti in ambito cattolico?
«Che la salvezza rappresentata da Gesù sia “tutta” la salvezza e non il carisma cristico della salvezza. Che fuori Cristo non vi sia nulla di vero. Eppure anche Cristo viene dentro una corrente di grazia che era da sempre in atto nell’universo».
E lo spirito operava allo stesso modo nel Buddha storico?
«Certamente. Il messaggio del Buddha storico è importante per Gesù di Nazareth».
Qual è il meccanismo umano alla base dell'arroccamento sulle proprie posizioni? La paura, la difesa del potere?
«Credo che potere e paura siano collegati. Francesco d’Assisi non aveva paura perché non aveva potere. Viveva in una dimensione che è più autentica del potere.

Penso che ci sia una religione che precede ogni appartenenza, cristiana o buddhista. Ne sono l’esempio la carità del Vangelo e la quieta compostezza dello zen: esse sono da sempre parte dell’uomo, per l’uomo, come la stella del mattino che brilla prima del nuovo giorno».

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