Milan e Inzaghi vogliono scacciare i loro incubi

Seedorf ko, tocca a Gourcuff, in attacco c’è Gilardino . Meesserman: «Non fu milanlab a bocciare Crespo».

Franco Ordine

Basta una data per scoprire il clamoroso ritardo del Milan. A San Siro, nello stadio dei suoi trionfi, non vince in campionato dalla bellezza di due mesi e cinque giorni, da mercoledì 20 settembre, terza del girone di andata, sera di Milan-Ascoli finita 1 a 0, gol di Jankulovski nel finale e superamento della penalizzazione col primo punto in positivo fissato in classifica come una specie di bandierina. Invece che tornar a riveder le stelle, da quella notte, a San Siro, e in campionato va aggiunto, il Milan è stato capace di andare incontro agli incubi e di collezionare la miseria di un pareggio (col Siena) e tre sconfitte pesantissime (Palermo, Inter e Roma in sequenza). «Dobbiamo tornare a vincere»: il generico appello di Carlo Ancelotti nasconde le difficoltà determinate dai risultati, i tormenti legati agli orrori di attaccanti e difensori e i problemi dettati dalla lista degli infortunati. Goccia dopo goccia, rovescio dopo rovescio, scavano nell’antica roccia dei rossoneri paure e insicurezze fino a determinare una specie di psicosi collettiva, resa grottesca persino dal numero dei pali centrati, due per volta, uno anche ad Atene tanto per non perdere l’abitudine. «Da qui a metà febbraio dobbiamo vincere più partite possibili» è l’obiettivo dichiarato del Milan che deve passare attraverso le forche caudine del Messina di Giordano, l’antico rivale dei tempi del Napoli di Maradona arrivato a Milano con un malinconico rendiconto (2 punti nelle ultime 3 partite) e la voglia di invertire la tendenza personale («contro il Milan da calciatore ho sempre preso bastonate»).
Sembra facile. Con una squadra «abbacchiata», con Dida rinfrancato dal consulto del professor Maertens ad Anversa («non si opera, in due mesi ritorna» la rassicurazione firmata da Jp Meesserman, coordinatore di milanlab) e con Kalac, il sostituto da mandare in porta, affidato alle cure dello psicologo De Michelis (consigliati ad Ancelotti dei pannoloni da indossare in panchina), c’è da stare all’erta e col cuore protetto. Perciò Adriano Galliani, sul far della sera, è partito per Milanello. «Voglio stare molto vicino alla squadra» è la spiegazione che può solo confermare il passaggio delicatissimo della stagione milanista. I primi recuperati della compagnia, Nesta e Kaladze, si fermeranno in panchina, per gli altri bisognerà aspettare la sosta natalizia. «E se non sono al 100% meglio far giocare Tassotti» è il paradosso recitato da Meesserman intervenuto per difendere milanlab (ma in discussione è la conduzione medica non la preparazione di Tognaccini, mai fatta per i noti motivi) e per cancellare la voce secondo cui fu la sua struttura a sconsigliare l’acquisto di Crespo poi passato all’Inter. «Non volle aspettare il 23 agosto per lasciare Londra e infatti il 7 agosto già si allenava con l’Inter» la ricostruzione di Ancelotti: l’ennesima versione, il riconoscimento di un vistoso errore di valutazione proveniente da «moggiopoli».
Alla fine basta un’altra data per scoprire il ritardo emblematico del Milan: 10 settembre. Inzaghi, uno che ha impastato la propria vita professionale col gol, è assente dal tabellino dei marcatori dalla prima giornata del torneo, contro la Lazio: un gol (in sospetta posizione di fuorigioco) convalidato, un secondo sigillo (in posizione regolarissima) annullato dall’assistente di Bertini.

Da allora è rimasto a secco. Ancelotti ha deciso di rimettergli al fianco Gilardino, un altro fermo alla rete, inutile, nel derby (28 ottobre) per concedere a Oliveira un po’ di riposo. Ko Seedorf, al suo posto Gourcuff.

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