Il Milan non trova il gol ma il Lione non lo sbrana

I rossoneri partono forte, sfiorano il colpo, poi soffrono. Francesi all’asciutto dopo 19 partite

Franco Ordine

nostro inviato a Lione

Tutto in bilico. Lo 0 a 0 è un risultato infido come una fune d’acciaio stesa fino alla prossima settimana, nel ritorno di San Siro. Bisogna attraversarla senza tradire vertigini per riuscire nell’impresa di eliminare i francesi. Il Lione, senza Juninho, non fa quasi mai paura al Gerland e a Dida. Con Juninho, martedì venturo, può giocarsi le sue possibilità intatte. Il Milan deve vincere, punto. Ieri sera in Francia ha sfiorato un risultato più favorevole. Il suo attacco atomico resta a secco e non certo per mancanza dii opportuinità. I rossoneri rimbalzano contro un portiere bravo e anche fortunato. Shevchenko è il cecchino, solo lui procura una serie di pericoli, gli altri, da Kakà fino a Gilardino, stanno a guardare.
Il Milan sceglie di partire subito e bene per confezionare il reticolo del suo palleggio e infilare dentro il Lione. I francesi non se l’aspettano di sicuro e per venti minuti patiscono le pene dell’inferno: concedono governo della palla e terreno e devono chiamare a raccolta i loro migliori esponenti di una difesa ben protetta dal portiere, in serata magica, per ridurre a zero tutti i rischi conseguenti. Sheva e Kakà si esercitano al tiro da ogni distanza e da ogni posizione, a colpo sicuro su un rinvio maldestro, oppure al culmine di una bella triangolazione. L’effetto è sempre lo stesso: questo Coupet, piccolo ma reattivo come una molla, si oppone al meglio anche se col contributo dei piedi, uscendo incontro al pericolo con grande coraggio. A metà della prima frazione, il Lione raccoglie le migliori energie e prova a ribaltare l’equilibrio consolidato della sfida. Attacca, per disposizioni di Houllier, più a sinistra (contro Costacurta) che a destra, nel tentativo di guadagnarsi un valico, ma lo stagionato senatore regge ai colpi e alle spallate, evita qualche sbavatura di Nesta e organizza il controgolpe. I velleitari tentativi del Lione di mettere pressione a Dida provengono dalle punizioni laterali che Pedretti s’incarica di calciare nel mucchio selvaggio senza avere il piede ispirato di Juninho, naturalmente. Gattuso esalta la propria corsa, Pirlo fa girare la palla secondo tradizione ma è Kakà che non trova sbocchi né fluidità alle sue giocate mentre Serginho, di solito, alternativa efficace a ogni schema di attacco ha il genio di traverso.
Lo sforzo compiuto nel primo tempo, si paga nella ripresa. Il Milan cede il passo al Lione che si concede però solo una serie di tiri dalla distanza nella speranza di trovare la traiettoria giusta. Il brivido lungo la schiena di Dida è responsabilità diretta di una delle rare incertezze di Kaladze: sul missile di Tiago finalmente uscito dalla trincea, Serginho, di spalle, riesce a deviare in angolo. Houllier prova con tutte le frecce a disposizione del proprio arco: fuori Carew e dentro il promettente Fred che però non trova spazio dentro il cortile rossonero ben piantonato da Nesta e compagnia, nel frattempo aiutato anche dall’altro mammasantissima Maldini arrivato a proteggere la corsia di destra, come non gli succede dai tempi di Capello (stagione ’97). Assalito dalla fatica, il Milan non riesce ad apparecchiare convenienti risposte in fase d’attacco nonostante il cambio intervenuto all’ora in punto, tra Gilardino e Inzaghi. Il giovanotto si spreme come un pompelmo fino all’ultima vitamina per poi cedere il campo a Pippo: a nessuno dei due capita una qualche opportunità anche se Pippo vive come al solito sulla soglia del fuorigioco per tenere in ansia la difesa rivale.
Alla fine è il Milan a inserire il chiavistello e a coprire tutti gli spazi con un monitoraggio delle velleità francesi (per la prima volta senza gol dopo 19 partite consecutive) che sa di personalità e di grande forma. Mancano le forze per compiere la seconda parte del copione.

E mancano anche le accelerazioni e i dribbling di Kakà che purtroppo tolgono alla squadra di Ancelotti tutte le sue celebrate virtù. Al di là di qualche balletto a centrocampo, il giovin campione di San Paolo gira al largo e non incide nell’economia di una partita che resta fino alla fine inchiodata sullo 0 a 0.

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