Il Milan sorpassa la Juve e inquadra l'Inter a -6

Due assist di Beckham e i rossoneri affondano la Lazio. Ora la società lavora perché non torni a Los Angeles, Galliani: "Faremo di tutto". La squadra di Mourinho fermata dal Torino a San Siro

Il Milan sorpassa la Juve 
e inquadra l'Inter a -6

Roma - Stop and go. Frena e accelera il nuovo Milan sgabbiato da Dubai con la voglia di tornare all'attacco di Inter e Juve. Il primo inseguimento è cosa fatta, grazie all'impresa del Cagliari: da ieri sera è secondo, un punto sopra Del Piero. Scalata anche la prima della classe: il distacco scende a meno sei, improbabile solo mercoledì notte dopo il deludente pareggio con il Genoa. E invece, nel calcio, come nella vita, la vita ricomincia dopo ogni scivolata. Così il duello che riaccende un campionato apparso ormai sotterrato dalla possibile fuga neroazzurra. Accelera il Milan grazie ai soliti noti, Pato e Kakà, tanto per cambiare, senza dimenticare l'uomo decisivo nei primi due sigilli, David Beckham che Ancelotti considera al pari dei suoi fuoriclasse. E infatti non se ne vuole separare, neanche nella settimana in cui l'affaticamento muscolare mette a rischio la sua quinta presenza consecutiva. Del Milan migliore si lascia apprezzare anche la difesa, spesso sbertucciata e presa di mira da noi critici, per il modo allegro e spensierato con cui si dispone dinanzi agli attacchi altrui. Per mezz'ora sbandano Senderos e Bonera sotto l'incalzare di Zarate e Pandev ma dietro hanno un portiere, Abbiati, che sfoggia sicurezza a ogni intervento. Sembra tornato quello di molti anni fa, del torneo tricolore con Zaccherone in panchina: le sue uscite sui piedi sono un prodigio di abilità e di tempismo. Così la Lazio si ritrova in fondo al tunnel, ricacciata indietro dalla terza sconfitta di fila. Il suo popolo rumoreggia, si prevedono provvedimenti retrò, ritiri punitivi: forse ha bisogno solo di tranquillità e di un pizzico di fortuna la squadra di Delio Rossi.

Da Beckham il Milan non si schioda. E alla fine del primo tempo Ancelotti benedice il recupero dell'inglese restituito alla piena efficienza fisica. Non è che il suo gruppo dia grandi garanzie fisiche, basta seguire quel che accade nel riscaldamento (Favalli si ferma, Bonera si toglie la borsa d'acqua calda e va in campo) per decifrare meglio la condizione dei rossoneri. Il cross chirurgico dell'inglese, sul break di Kakà (Pandev sbava una palla decisiva), è manna per i piedi di Pato la cui stilettata coglie il lato scoperto di Muslera. È l'episodio, inficiato da una posizione teorica di fuorigioco (questione di centimetri, una gamba più in là nel replay, impossibile da vedere per Papi, l'assistente), che inchioda il risultato della prima frazione e che non tiene conto dei meriti della Lazio passata più volte, dalle parti di Abbiati, e in modo pericoloso. Una giravolta ravvicinata di Pandev (fuori bersaglio) e un blitz di Zarate in area stroncato dall'uscita provvidenziale di Abbiati rappresentano il prodotto migliore dei romani i quali si consumano in un corpo a corpo a centrocampo. Matuzalem e Brocchi rifilano randellate sulle caviglie passando quasi inosservati agli occhi dell'arbitro Rizzoli, troppo tenero.

Sempre da Beckham il Milan ricomincia nella ripresa. Dal suo piede virtuoso, il destro, infatti parte il lancio liftato che va a pescare, libero, nelle retrovie Ambrosini nel frattempo sfuggito al controllo di Siviglia: la deviazione di testa del capitano rossonero è una frustata che mette a nudo le fragilità laziali e inchioda la Lazio alla terza sconfitta consecutiva col carico di 10 gol sulla schiena. Ogni velleità di rimonta infatti viene annullata dai contropiedi feroci del Milan che in almeno tre occasioni, con Pato e Kakà, possono arrotondare il risultato e mettere al sicuro il successo esterno, secondo dopo Bologna dall'inizio dell'anno. Mentre gli artigli di Simone Inzaghi e Zarate non procurano che escoriazioni sul corpaccione di Abbiati, Kakà nel finale riesce finalmente a liberarsi al gol dopo l'intesa felice e millimetrica, con Clarence Seedorf.

Così finiscono tutte le preoccupazioni e ricomincia un altro inseguimento. Col Milan secondo, davanti alla Juve. Mentre Ronaldinho resta in panchina fino in fondo, questa volta senza dare segni apparenti di nervosismo (nel riscaldamento saluta lo spicchio di tifo rossonero).

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