Che suono fa una sola mano che applaude? E’ un antico indovinello zen ma è anche il concept che dà il titolo alla mostra della fotografa georgiana Ketuta Alexi – Meskhishvili da ieri visitabile presso lo spazio Morris. Allestito in una casa abbandonata per oltre un decennio nel cuore di Milano, il nuovo spazio espositivo –inaugurato il 27 ottobre 2010- è un intrigante ibrido tra galleria d’arte e salotto culturale. Nelle stanze vuote dell’appartamento, giovani artisti emergenti trovano un laboratorio di ricerca e sperimentazione dove interpretare ed esporre la “loro” realtà.
One Hand Clapping è una personale tutta da scoprire: un gruppo di 22 fotografie composto da still life, da collage come da stampe realizzate esponendo il negativo direttamente alla luce. Sono oggetti semplici come un music box, un foglio di carta, piccoli gingilli acquistati in un negozio a New York, che attraverso la lente della macchina fotografica diventano oggetti nuovi, sublimi quanto enigmatici. In particolare è la tecnica del collage ad affascinare la fotografa georgiana che spiega: “ll collage mi permette di giocare con il tempo, di combinare momenti diversi in un momento presente. Ad esempio, in “Iveria/Taylor” (201/2006/2009) la prima data si riferisce all’anno in cui l’immagine è stata scattata, la seconda all’anno in cui la seconda immagine è stata scattata e l’ultima data è l’anno in cui ho fatto il collage”.
Gioco di scomposizione del tempo ma anche degli oggetti: “Le cose per me hanno senso quando sono incomplete e sono, quindi, naturalmente portata a smontarle” racconta l’artista. Da qui il titolo della mostra: una sola mano che applaude. Dove è l’altra? Un senso di incompletezza, di indeterminazione, di non-finito lega tutta l’opera della fotografa: il titolo della mostra precedente tenutasi a Los Angeles “Ere Is My Head” (“Questa è la mia testa”) alludeva, esattamente come nel caso dell’esposizione meneghina, ad una parte del corpo mancante, monca.
“I can still feel her as the wind at my back” (“Posso ancora sentirla come il vento alle mie spalle”). Sono le parole di un orfano del terremoto ad Haiti che parla di sua madre, appena uccisa dall’orribile scossa. Da qui il titolo di una delle opere più significative della mostra “With the wind at my back” (“Con il vento sulla schiena”). Un foglio bianco con i buchi, attraversato da una fascia di luce azzurra diventa così metafora di assenza, perdita, mancanza appunto.
Una sorta di amnesia del corpo e della mente pervade l’opera della giovane fotografa: è la Mancanza il fil rouge che lega i diversi scatti di “One hand clapping”. Una mancanza, però, non intesa in senso nichilista bensì, secondo le parole dell’artista, come “uno spazio vuoto che può contenere un mondo di significato”. Ed è il visitatore stesso a decidere cosa vedere e come interpretare le fotografie: non è un caso infatti che le opere non siano accompagnate da nessuna spiegazione né didascalia. “Il mio lavoro – prosegue la fotografa- deriva dal desiderio di trovare uno spazio che è privo di significato, uno spazio che ha la libertà di non definirsi”.
Tutto questo è l’opera di Ketuta Ketuta Alexi - Meskhishvili che potrete scoprire fino al 20 marzo nella imperdibile location dello spazio Morris, dove tra le stanze vuote e l’arredo anni ’50 e ’90 vi accoglieranno un senso di mancanza, amnesia, scomposizione ma anche di incredibile e disarmante libertà.
Ketuta Alexi-Meskhisvili è nata a Tbilisi, Georgia, ed è
cresciuta a New York, dove ha studiato fotografia presso il Bard College. Vive e lavora a Berlino. Il suo lavoro è stato pubblicato presso importanti riviste di settore, come Frieze,Fantom, Capricious, Magazine e Bidoun.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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