A Milano gli ottoni dell’old jazz di Chicago

Domani alle 11, nella cornice consueta del Teatro Manzoni, la stagione di Aperitivo, giusto al giro di boa, offre ai suoi spettatori il Concerto di Natale ospitando l'Hypnotic Brass Ensemble di Chicago con la partecipazione del trombettista Phil Cohran. Se il tempo sarà favorevole, il concerto - che è in prima e unica data italiana - sarà preceduto alle 10.45 da un preludio augurale in musica, davanti all'ingresso del teatro, che l'Ensemble dedicherà alla città di Milano.
Ottima idea, ed è sperabile che si possa realizzare, per cui chiunque sia posto in condizione di capire la differenza fra un'orchestra di questo tipo e le mitiche bande delle parate stradali di New Orleans. La brochure di presentazione della stagione l'ha subito messa in chiaro: «Hypnotic Brass Ensemble è una formidabile orchestra di ottoni, all'apparenza non dissimile da quelle che fiorirono a New Orleans…Ma questo complesso è nato e cresciuto nei marciapiedi di Chicago e propone una rilettura della tradizione africana-americana che perviene fino all'estetica dell'hip hop». D'altra parte, l'orchestra primigenia della Louisiana comprendeva cornetta, trombone, clarinetto, pianoforte, banjo o chitarra (non sempre), basso e batteria. L'Hypnotic ha invece Jafar Graves, Tarik Graves, Gabriel Hubert trombe, Amat Hubert cornetta, Saiph Graves e Seba Graves tromboni, Tycho Cohran sousaphone, Uttama Hubert euphonium, Gabriel Fallace batteria. Da notare che otto di questi musicisti, salvo il batterista, sono figli di Phil Cohran e provengono dall'Aacm, l'Association for the Advancement of Creative Musicians della quale Cohran è stato uno dei fondatori a Chicago nel 1965. Siamo quindi piuttosto lontani da New Orleans, e anzi mi azzardo ad affermare che l'Hypnotic, piuttosto, è contigua alla Brass Fantasy dell'indimenticabile trombettista Lester Bowie, per lunghi anni solista meraviglioso e caratterizzante dell'Art Ensemble of Chicago.

Nondimeno, Hypnotic è stata realmente una banda delle strade e dei cunicoli della metropolitana di Chicago, ma in un modo che di per sé contrassegna la forte differenza fra la «città ventosa» e la prima capitale del jazz, New Orleans, evidente fin dagli anni Venti: e non ci si venga a dire che gli storici del jazz non se ne sono occupati con dovizia di particolari.

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