Andrea Gori, direttore del dipartimento di Malattie infettive al Policlinico e docente di Malattie Infettive all'Università degli Studi di Milano, il governo si sta interrogando sulle nuove restrizioni per le festività Natalizie a fronte degli assembramenti massicci in tutte le grandi città lo scorso week end.
Com'è la situazione? È possibile fare delle previsioni per gennaio?
«Ci dobbiamo preparare alle terza ondata».
Ne è così certo?
«È sicuramente da mettere in conto: il risultato dei comportamenti irresponsabili dello scorso week end e della domenica precedente, ma anche di tutta questa settimana li vedremo tra una quindicina di giorni. È una questione matematica, con tutti quegli assembramenti per strada è impossibile che i contagi non risalgano».
I cittadini indossavano le mascherine però.
«Ma al ristorante e al bar le mascherine si abbassano. Sinceramente non ho visto cittadini così attenti a mantenere le distanze e a indossarla correttamente. Al contrario, vedo una grande voglia da parte di tutta la popolazione di uscire, di stare insieme, di riprendere le vecchie abitudini».
Pensa che il passaggio della Regione in «fascia gialla» abbia influito sullo stato d'animo dei lombardi?
«Certamente, la gente si è rilassata, le persone sono stufe di stare in casa, hanno voglia di rivedersi e il Natale sarà l'occasione per farlo, con enormi rischi. Siamo davanti a una popolazione che è provata da due lockdown: è stanca e appena si allargano le maglie dei divieti, le persone diventano meno attente».
D'altro canto se i negozi e i ristoranti sono aperti, è evidente e automatico che i cittadini si sentano autorizzati ad andarci...
«Se non vogliamo avere una terza ondata, dobbiamo continuare ognuno di noi a fare la nostra parte: io non dico che non bisogna uscire di casa o andare nei negozi a fare compere, ci mancherebbe, ma se si vede che in quell'orario o in quella giornata il centro è affollato, le strade sono gremite, sta solo alla responsabilità dell'individuo scegliere un altro momento per andarci. C'è sempre modo e modo di fare le cose. E non c'è bisogno che il Governo continui a ripetere di rispettare le misure di contenimento del contagio, come lavarsi spesso le mani, indossare correttamente la mascherina e soprattutto evitare i luoghi affollati: queste regole ormai sono note a tutti, sta al singolo individuo rispettarle, è una questione di responsabilità individuale e di senso civico».
Quest'estate le discoteche erano aperte, i ragazzi hanno pensato che fosse lecito andarci e poi sono stati criticati.
«È evidente che in una discoteca è impossibile mantenere il distanziamento sociale. Allo stesso modo non può essere ragionevole andare a fare le compere di Natale tutti ammassati solo perché i negozi sono aperti. Non si può continuamente scaricare la colpa sul Governo, la politica può anche essere tentennante anche perché si tratta di trovare un delicato equilibrio tra esigenze diverse, ma sta agli individui ora fare appello al proprio senso civico e alla propria responsabilità. Perché sono i comportamenti dei singoli che fanno la differenza e allora lo ribadisco è necessario che i cittadini stiano il più possibile in casa ed evitino i luoghi affollati. E poi...».
Cosa?
«Non è un caso quello che succedendo in Europa: la Germania ha optato per il lock down, Londra ha chiuso, così l'Olanda, perfino la task force in Svizzera ha chiesto il lock down. Se questi governi prendono una decisione del genere lo fanno in base alle previsioni di modelli epidemiologici. Stesso discorso vale per l'Italia, abbiamo una squadra di epidemiologi che, se lasciata lavorare, è perfettamente in grado di prendere le decisioni necessarie. Se si arriverà alla zona rossa per Natale credo che sarà per il parere di tecnici capaci. C'è un altro dato rilevante che ultimamente viene troppo spesso dimenticato».
Quale?
«Il numero dei morti, circa 500 al giorno. È elevatissimo, ma sembra che non importi più a nessuno».
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