Sono 88mila i lavoratori fuorisede della Lombardia che hanno deciso di approfittare dello smart working per lasciare le grandi città, sede della loro azienda, e tornare a vivere nei piccoli centri. Tra coloro che hanno lasciato la casa in affitto lontana dal proprio comune e si sono trasferiti, il 77 per cento è rimasto all'interno dei confini lombardi.
I dati sono di una ricerca realizzata da Facile.it. I numeri riguardano il trasferimento da tutte le città lombarde verso la provincia, ma soprattutto Milano. Una delle conseguenze è che i piccoli centri si sono ripopolati e la loro economia si è rivitalizzata. Gli spostamenti al di fuori della regione sono stati per l'11 per cento verso il resto del Nord, per il 7 per cento verso il Sud e per il 5 per cento verso il Centro. La ragione principale dichiarata dai dipendenti interpellati è quella economica e sei su dieci di loro aggiungono che non si tratta di una scelta temporanea, ma che intendono continuare in futuro a lavorare da remoto dalla nuova sistemazione. Uno dei segnali infine è l'aumento delle domande di finanziamento per immobili in comuni con meno di 250mila abitanti. Secondo l'osservatorio Facile.it e Mutui.it, nel primo semestre 2021 tali richiesta sono state il 76,7 per cento del totale lombardo, in crescita dell'1,5 per cento rispetto al 2020.
«Si dimostra - sottolinea Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro alla Bocconi e presidente Afol Metropolitana - che quella dello smartworking diffuso imposta dal Covid non è stata un'esperienza passeggera. Una certa riorganizzazione del lavoro sta diventando strutturale e riguarderà anche il futuro, oltre l'attuale stato di emergenza. La tendenza si consolida e una quota di lavoratori perpetuerà tale scelta. Vedremo poi come si assesterà il fenomeno e quale impatto avrà sulle città. Si può prevedere che si affermerà un modello misto di presenza più smart working, in alternanza nei giorni della settimana. È la formula migliore sia per le aziende sia per i dipendenti. Una parte di tempo in presenza, a mio avviso, rimarrà necessaria e funzionale nella maggior parte dei lavori». E Milano sarà più povera? «No, sarà trasformata. Sarà inevitabile - continua l'esperto - ridisegnare le attività della metropoli, nascerà un nuovo tessuto economico, a partire dai servizi, dai bar per la pausa pranzo ogni 50 metri e da tutto l'indotto dei grandi uffici, che non scompare ma si delocalizza. Milano non sarà più quella di prima». Il cambiamento non sarà drammatico né recessivo, secondo Del Conte: «All'estero, soprattutto in Nord Europa, in Olanda e Belgio ad esempio, il modello con tutto in presenza e centralizzato era già stato superato da tempo. Accadrà anche da noi.
La città affronterà una grande sfida, un passaggio epocale a un modo inedito di intendere il lavoro e quindi lo stile di vita, i servizi, gli spazi, l'housing. Chi sarà veloce e creerà formula innovative, ne avrà vantaggio. Milano si era già rivoluzionata nell'ultimo decennio pre Covid e lo farà ancora. Sarà nuova avanguardia».
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