Aumento del consumo di alcol e di sostanze stupefacenti, disturbi da stress acuto, disturbi del sonno, ansia e depressione sono le conseguenze psicologiche della pandemia da Covid sulla popolazione lombarda, in particolare nei cittadini più colpiti dalla prima ondata della pandemia ovvero Lodi e Codogno.
Nella prima fase del lock down, con Lodi e Codogno in «zona rossa» sono calati gli accessi agli ospedali per la paura dei contagi e la difficoltà di accesso alle strutture. L'ospedale era visto come un «lazzaretto». «Verso l'estate invece - racconta Giancarlo Cerveri, direttore del dipartimento di Salute mentale di Lodi - abbiamo riscontrato un aumento delle richieste di intervento e un consistente numero di accessi da parte di nuovi pazienti al Pronto soccorso psichiatrico, nonostante i centri territoriali per la salute mentale, sia per adulti che per adolescenti fossero rimasti comunque sempre aperti».
A far impressione sono i numeri: tra l'8 marzo e il 3 giugno si è registrato un centinaio di accessi al pronto soccorso per tentati suicidi, in media uno al giorno. Protagoniste principalmente le donne, più esposte alle difficoltà economiche e alla violenza domestica: nel 75 per cento dei casi sono italiane, con un'età media di 40 anni. Sul totale, invece, la metà vedono coinvolti single o persone non sposate, il 15 per cento divorziati e l'8 per cento vedovi. «Al di là del numero altissimo di casi - spiega Cerveri - fa riflettere il fatto che si tratti della punta osservabile dell'iceberg: sintomo di un malessere diffuso sul territorio. Disagio che ha colpito le categorie più fragili, gli anziani per l'interruzione di rapporti sociali difficili da recuperare, che si è sommata al terrore del contagio, i soggetti cronici che hanno visto acutizzarsi le loro patologie e una situazione di stress acuto generalizzata».
Su un altro fronte ha espresso forte malessere il personale sanitario, investito nelle zone rosse dallo tsunami Covid. «Abbiamo attivato un servizio di counseling dedicato al personale medico, infermieristico, e agli operatori sanitari che hanno lavorato soprattutto in pronto soccorso, nelle rianimazioni e nei reparti ad alta intensità di cura sottoposti a un enorme stress per aver vissuto fuori casa per mesi, con l'angoscia di contagiare le famiglie, e l'alta esposizione al dolore e alla morte - continua Cerveri -. Così tra la popolazione un forte elemento di sofferenza è il cosiddetto lutto complicato ovvero l'aver perso i propri cari senza aver avuto la possibilità nemmeno di salutarli: si tratta di una patologia che provoca ricordi ricorrenti, una sorta di ossessione e l'incapacità di elaborare il lutto».
Gli esperti lanciano l'allarme e condividono un appello per non trascurare i possibili danni anche a lungo termine sulla salute mentale della popolazione in occasione del convegno organizzato da Neomesia «La salute mentale ai tempi del Covid». L'aggravarsi dei casi è confermato dai risultati di un questionario dell'Università di Roma Tor Vergata a cui hanno risposto oltre 18mila persone: il 37% presenta sintomi da disturbo post traumatico da stress, il 17% sintomi depressivi, il 20% ansia severa, il 7% insonnia e il 21% stress.
L'attuale situazione vede, per chi già soffriva di un disturbo, l'aggravarsi dello stesso e, in aggiunta l'insorgere di un disturbo post traumatico da stress. Un disturbo d'ansia che comporta una diminuzione della capacità di adattamento che, se non intercettato e curato, può portare alla depressione.
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