Addio maestro La Lombardia adesso piange il «suo» Olmi

Alberto Giannoni

Un maestro del cinema italiano e un grande lombardo, capace di narrare con realismo e poesia la civiltà contadina padana. Ermanno Olmi è morto ieri a 87 anni e se la sua città natale, Bergamo, in segno di lutto esporrà le bandiere a mezz'asta, Milano e la Lombardia piangono l'addio di un gigante, profondamente legato a questa terra. «Ci ha lasciati un grande lombardo - ha detto il presidente della Regione Attilio Fontana - un regista che ha saputo raccontare con inarrivabile cifra stilistica i territori della nostra regione, le comunità che l'hanno resa unica in Italia e nel mondo per la devozione al lavoro». E l'assessore alla Cultura Stefano Bruno Galli ricorda l'«affresco monumentale della civiltà rurale lombarda de L'Albero degli zoccoli e l'appassionato atto di devozione, autenticamente padano e contadino, per il creato, sulle rive del grande fiume, il Po, nel documentario Lungo il fiume».

A Milano il giovane Olmi si era trasferito per seguire i corsi di recitazione dell'Accademia di Arte drammatica, e per mantenersi trovò lavoro come fattorino alla Edison-Volta , dove curando le attività ricreative dei dipendenti cominciò a lavorare con la macchina da presa, documentando le produzioni industriali coi filmati. C'è molta Milano nei suoi primi documentari, così in uno dei suoi più celebri romanzi, «Ragazzo della Bovisa». «Olmi - ha detto il sindaco Beppe Sala - è stato profeta potente, di immagini, di parole e di spirito.

La sua personalità, la sua comunicativa, il suo fine intuito della psicologia umana, ne hanno fatto il testimone più attento della fase di cambiamento più significativa della vicenda della nostra storia». E la Scala, dove Olmi ha debuttato proprio nel 1986 con «La sonnambula» di Bellini, lo ricorda anche come un grande regista di teatro, «artista e intellettuale completo».

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