Milano è al centro del mondo. Non perché ospiterà Expo fino al 31 ottobre; non perché sfregiata dalle devastazioni di qualche decina di teppisti che venerdì hanno provato a metterla a ferro e fuoco. A renderla di nuovo capitale morale sono i quindicimila scesi in piazza per ripulire le vie e le piazze violentate dalla violenza dei black bloc.
Alle quattro del pomeriggio a piazzale Cadorna si riunisce una folla silenziosa. Anziani e famiglie, ragazzi e signore di mezza età scese a manifestare con le amiche: ci sono gli scout e i volontari della Croce Oro, la Protezione Civile e i lavoratori dell'Amsa, l'azienda di nettezza urbana comunale. Qualcuno estrae dagli zaini le pettorine catarifrangenti e le tute da imbianchino, pacificamente "armato" di spugnette e detersivo.
Dal palco parla il sindaco Pisapia, che ringrazia i partecipanti e rivendica il lavoro fatto dalla giunta: "Abbiamo liberato la Darsena e tutta la città". La folla che l'aveva accolto con un applauso ora mormora, nessuno ha voglia di sentire un comizio e c'è chi urla: "Noi siamo qui per pulire, quando si cominicia?". I milanesi hanno voglia di fare: d'altronde, come recita la famosa strofa di O mia bela Madunina, qui "non si sta mai con le mani in mano."
La folla imbocca via Carducci e ripercorre a ritroso il percorso dove i black bloc hanno seminato terrore e distruzione meno di quarantott'ore fa. I graffiti sui muri sono affrontati uno per uno e cancellati con pazienza, a partire dai più offensivi. Armato di spugnette per i piatti, un gruppo di giovani "aggredisce" la prima scritta. "Io vengo da Firenze, ma studio qui! - sorride una ragazza - Sono un angelo del fango al contrario: un angelo della schiuma". Poco più in là, una bimba che non avrà più di quattro anni pulisce a fianco della nonna: quasi non arriva alla scritta e deve sforzarsi puntando i piedini sui gradini dei negozi.
Non sono tutti milanesi, c'è chi viene dall'hinterland e chi lavora in città ma viene da Roma o dall'estero. Tutti però si sentono milanesi; tutti hanno deciso, insieme, di rispondere nel modo migliore alla violenza senza senso del blocco nero.
I residenti dai balconi applaudono entusiasti, una signora getta presta spugne e secchi alla folla che lavora senza sosta. L'acqua la mettono i pompieri, da qualche bar forniscono candeggina e alcol. Piano piano le scritte vengono cancellate; alcune, specie dove la pietra è più porosa, sono più difficili da eliminare, ma quello che conta è lo sforzo. Serve olio di gomito, ma la buona volontà non manca. Lentamente il traffico torna a scorrere, ma da piazzale Cadorna fino quasi a San Lorenzo i marciapiedi rimangono affollati da due ali di folla che gratta, frega, pulisce. I più attrezzati si sono portati raschietti e mascherine, ma anche chi decide solo all'ultimo di collaborare non fa mancare il proprio apporto: due amici si dividono un paio di guanti, a lui la destra a lei la sinistra, così si può pulire a turno passandosi la spugna.
In via Carducci un gruppo di ragazzi della periferia - "veniamo dalla Barona", spiegano orgogliosi - pulisce accanto a un giovane papà con i due figli. Il più grande - avrà dieci anni - si guarda il giubbotto nuovo tutto macchiato di detersivo e vernice sciolta e commenta sconsolato: "Questa giacca ha visto giorni migliori". Interviene una ragazza che non ha perso la voglia di scherzare: "Forse ha visto giorni più puliti, ma più belli non credo". Interviene un anziano che passa di gruppo in gruppo ad elargire consigli: "Io pulirei con il sale fino, viene via meglio - chiosa in dialetto - C'è mica un bar aperto?"
In piazza oggi c'è la Milano più generosa, quella con il coeur in man, troppo spesso ignorata da chi la dipinge solo egoista e indifferente. Chiamateli romantici e retorici: intanto a pulire sono scesi in migliaia. Con una spugnetta e del detersivo sono riusciti a sconfiggere la rabbia cieca di chi vuole distruggere. Hanno dato una lezione di senso civico a tutti, a partire dai politici. Domani torneranno a scuola, in negozio, in ufficio, consapevoli che da oggi la città è un po' più pulita. E non solo nei suoi palazzi.
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