La solita «italica» pratica. Piano piano, senza clamore, quando le polemiche si assopiscono, giornali e tivù - accecati da altre priorità - smettono di occuparsene e la campagna elettorale di Giuseppe Sala, che aveva promesso (anche alla trasmissione televisiva Ballarò) di investirsi del problema al punto di farne «uno dei miei primi atti da sindaco» finisce, quel che era stato evidenziato come illegale, continua imperterrito una sorta di percorso sotterraneo. Fino a riemergere come una realtà talmente radicata che attaccarla appare quasi esclusivamente un'azione d'intolleranza.
Così è accaduto con l'associazione culturale aderente al Caim (Coordinamento associazioni islamiche di Milano e Monza) «Bangladesh Cultural & Welfare», responsabile del Milan Muslim Center di via Cavalcanti 8. Uno scantinato di quasi 500 metri quadrati, già deposito di manifesti cinematografici, al secondo piano interrato di questo palazzo privato e di fatto trasformato in moschea tra l'estate e l'autunno 2014, durante l'assenza dei condomini per non dare nell'occhio.
Questi bengalesi in autunno hanno fatto parlarte di loro per aver inoltrato un doppio ricorso. Da un lato, infatti, si sono rivolti al Tar per far dichiarare nulla la cancellazione del bando della giunta Pisapia, che prevedeva l'assegnazione ai musulmani milanesi di due aree destinate a moschee. Dall'altro intendono attivare un giudizio della Corte costituzionale contro la legge regionale anti moschee in base alla quale la giunta Sala ritirò proprio quel bando.
Tornando a fatti più concreti, che il seminterrato sia stato catastalmente classificato come C2 (magazzino senza permanenza di persone) - per il quale non è mai stata concessa alcuna variazione di destinazione d'uso - non è una questione da poco, ma nessuno sembra curarsene. Così come che gli allacciamenti di acqua e gas siano e restino abusivi non interessa alle istituzioni. Restie a immaginare un'ipotesi per niente bislacca: che sarebbe una vera e propria strage se dovesse accadere qualcosa là sotto, magari durante i venerdì di preghiera e le festività islamiche quando si contano fino a 400 ingressi, che raggiungono i 700 in occasione del Ramadan, tra maggio e giugno. Al locale, infatti, si accede tramite un unico ingresso, cioè dal cortile dello stabile, completamente privo di uscite di sicurezza.
Se poi vogliamo parlare di disagi per i residenti (non solo quelli di via Cavalcanti 8 ma anche di tutti gli altri palazzi che si affacciano sul cortile della struttura, compresi quelli tra via Ferrante Aporti e via Fratelli Lumière) va sottolineato che i frequentatori dela moschea sono 400 perfetti sconosciuti che entrano in un condominio privato e, sempre in occasione del periodo tra il 26 maggio e il 24 giugno, dalle 19.30 fino alle 2 del mattino e anche con enormi quantità di cibo. Nello stesso frangente dopo la mezzanotte si continua ancora a sentire il muezzin salmodiare ad alto volume le preghiere.
Tutte le domeniche dell'anno, invece, vengono ammesse donne e bambini, anche molto piccoli, che entrano a decine nella più totale assenza di sicurezza. Infine la notte sono state viste diverse persone entrare nel seminterrato con le valigie, chiaro segno che lo scantinato viene usato anche per dormirci.
Quel che molti non sanno è però che durante quest'estate la moschea è stata addirittura utilizzata come scuola estiva per i bambini con meno di 10 anni e che in quello scantinato privo di ogni sistema di sicurezza trascorrono l'intera giornata.
La signora Katia, custode del palazzo, dice di aver visto forze dell'ordine e giornalisti andare e venire a più riprese,
in vari periodi. Lei stessa è apparsa in tivù molte volte, ma per via Cavalcanti 8 non si muove una foglia. «Ormai sembra ridicolo ripeterlo - dice accogliendoci in casa sua -, ma sembra che qui si aspetti solo il dramma».
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