Il ruolo di leadership degli amministratori locali è determinato dalla capacità di governare uno sviluppo equilibrato del territorio in una dimensione regionale. Su questo tema il sindaco di Milano Beppe Sala è chiamato ad affrontare scelte decisive dalle quali potrà nascere un progetto organico di riassetto della città futura.
Occorre un Piano strategico a lungo termine, come hanno le altre grandi città del mondo, traguardandolo almeno al 2030. Milano è già di fronte a scelte importanti come testimonia il dibattito in corso sul destino degli ex scali ferroviari, l'avvio della revisione del Pgt e il grande progetto Arexpo. Per questo, già da subito, devono essere affrontati almeno due urgenti problemi strutturali che richiederanno l'impiego di consistenti risorse e che, se non risolti, ostacoleranno la crescita e l'evoluzione urbana. Sia del capoluogo, sia della Città metropolitana.
Primo: la questione della casa e della riqualificazione delle periferie. Le domande di assegnazione di case popolari inevase sono decine di migliaia. Il Pgt del sindaco Giuliano Pisapia, non avendo applicato le legge 167/62, non ha destinato alcuna area ad edilizia sociale, preferendo inserire la possibilità di realizzare percentuali di alloggi d'edilizia sociale negli interventi privati attribuendo un premio volumetrico. Ma il sistema non ha funzionato.
Anche nel decaduto accordo di programma sugli scali ferroviari la vera edilizia sociale per famiglie indigenti poteva contare solo su circa trecento alloggi. Premesso che senza interventi legislativi di rifinanziamento l'edilizia sociale è in pericolo, occorre che Il Comune, d'intesa con la Regione, lanci un nuovo «piano casa». Ha la fortuna di non dover spendere risorse per acquisire le aree: in Milano ci sono quattro milioni di metri quadri di aree pubbliche non utilizzate o vendibili, di cui 1,5 milioni sono di proprietà del Comune. Occorre dunque reperire le risorse necessarie, aggiuntive ai fondi statali e regionali e affrontare con determinazione la morosità colpevole e, soprattutto, lo scandalo delle occupazioni abusive, reato non dissimile da una rapina ma che inopinatamente non prevede sanzioni efficaci. Secondo: la riorganizzazione della rete di trasporto pubblico. La sfida per Milano è far diventare una sola città sempre più connessa quello che è oggi un sistema d'insediamenti che raggiunge i sette milioni di abitanti. Una sfida che deve essere affrontata per gradi, ma che non può essere elusa se vogliamo rimanere nel novero delle grandi città del mondo.
Al di là dei progetti di integrazione con le Ferrovie Nord e con Trenitalia, la rete di trasporto pubblico milanese e quella della rimanente città metropolitana debbono essere armonizzate nella la qualità del servizio e dotate di un sistema d'integrazione tariffaria che consideri l'intera città metropolitana come un'area unica, ovviamente suddivisa per fasce, con documenti di viaggio unici per tutti i mezzi.
Terzo: come finanziare gli investimenti. Non essendo possibile contare solo sui fondi statali, né sull'indebitamento è necessari ricorrere, cosa già fatta in passato, alle privatizzazioni. La privatizzazione è virtuosa quando i proventi non vengono usati per la spesa corrente, ma consentono di sostituire il bene pubblico dismesso con un altro bene pubblico che apporti un nuovo beneficio strutturale alla configurazione della città, produca nuovo sviluppo e migliori condizioni strutturali per il futuro.
Assets come A2A e Sea garantiscono anche cospicui dividendi che finanziano le spese correnti ed è comprensibile che il Comune rifletta prima di alienarli. D'altra parte la Sea già in parte privatizzata che offre un sistema aeroportuale all'altezza di quello delle altre metropoli europee produce utili ma, amministrata da un azionista «attivo», potrebbe dare risultati ben più soddisfacenti. Non è azzardato sostenere che, mantenendo una quota minoritaria di garanzia nella società, il Comune potrebbe non solo ottenere risorse importanti nell'ordine di centinaia di milioni da destinare ad investimenti ma continuerebbe a riscuotere dividendi significativi per effetto della maggiore redditività dell'azienda.
Le responsabilità di chi amministra una metropoli sono enormi, ma se il sindaco vuole svolgere un ruolo politico «nazionale», deve in primo luogo impegnarsi concretamente nella
costruzione del futuro della città, assumendo decisioni coraggiose nelle materie in cui i suoi poteri sono più efficaci e i risultati più duraturi.di Walter Galbusera, Presidente della Fondazione Anna Kuliscioff
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