Cochi, Renato e il cabaret: quelli che l'hanno inventato

Cochi, Renato e il cabaret: quelli che l'hanno inventato

«Siamo Cochi, Renato e poi Cochi & Renato. Praticamente siamo tre persone. Pensare che quando è nata la figlia di Cochi, in ospedale una signora indicò la culla dicendo: quella è la figlia di Cochierenato. Come se fosse un nome solo». Renato Pozzetto sorride, e poi cala l'affondo da cabarettista consumato, perché quando dici qualcosa di commovente poi ci vuole la battuta scaccia magone: «Che poi, sua mamma l'ha chiamato Cochi perché quando è nato se lo guardava e non capiva cosa fosse».
E l'interessato: «Era quando a casa non mi chiamavano Cochi ma Aurelio, che dovevo iniziare a preoccuparmi. Significava che avevo fatto qualche cavolata». E se mai ce ne fosse bisogno, ecco la risposta dal vivo alla domanda sul perché Cochi & Renato sono qui, oggi, a cinquantanni dal loro esordio nell'universo della risata, per presentare il loro ultimo show da palcoscenico intitolato «Quelli del cabaret», in cartellone al Teatro Nuovo dal 13 al 25 novembre (ore 20.45, domenica ore 16, musica con band dal vivo). Loro, in effetti, non sarebbero semplicemente «quelli del cabaret»: piuttosto, li si potrebbe definire il «Big Bang» del cabaret a Milano.
«Ci incontravamo alla Muffola - spiega Cochi - era una galleria d'arte i cui titolari, Tinin e Velia Mantegazza, erano nostri amici. Un giorno ci chiesero di esibirci, cantando soprattutto, ai loro vernissage notturni. Detto, fatto. Entrammo in un ambiente dove passavano colleghi come Jannacci e Gaber, ma pure artisti come Piero Manzoni e Lucio Fontana, uno scrittore come Dino Buzzati... Fontana, che parlava sempre e solo milanese, si era fissato nel volerci portare a Sanremo. Erano i giorni in cui bastava un bianchino tra le mani, una chitarra da schiodare dal muro e la voglia di chiacchierare». Non è un caso che il nuovo spettacolo di Cochi & Renato si apra con un rap, dove si dice: «Noi siamo quelli che nel '63/ senza saperlo hanno inventato il cabaret», e poi più avanti si parla di «valigie piene di canzoni, emozioni e considerazioni».
Da quelle canzoni surreali passava la voglia di ridere e sorridere, ma anche una bella fetta di realtà. Oggi, «Quelli che il cabaret» riporta sulle scene ciò che Cochi & renato erano e sono, brani come «La Gallina», «Canzone intelligente» e «Come porti i capelli bella bionda», novità inedite e gag fresche di stampa. «Cochi d'estate prende e parte - rivela Pozzetto dell'amico Ponzoni - Va a nutrirsi la testa di informazioni. Io me ne sto un po' più stabile e mi metto a pensare allo spettacolo. Poi si uniscono le idee».
Abituati a stare insieme, ma anche a stare lontani: «Lo siamo stati per 30 anni - prosegue Renato - Cochi a fare teatro di prosa, io a fare film, commedie di successo alcune delle quali forse mi sarei potuto risparmiare, ma che comunque mi hanno portato a conoscere tanta gente, attori e validi professionisti».
Poi un giorno... «Poi un giorno - spiega Cochi - Renato mi cercò per telefono, proponendomi una cosa in tv. Io dissi sì e la macchina ripartì». Una macchina che sa che il mondo è cambiato ma in fondo le strade sempre d'asfalto son fatte, e si possono percorrere: «I giovani nel cabaret non mancano - afferma Renato - Oggi hanno il vantaggio di un tv che gli fa da palestra, noi invece arrivammo in tv già fatti e finiti. Certo, Canzonissima ci metteva di fronte a 22 milioni di spettatori alla volta, un bella cosa».
Sui nuovi volti del cabaret, Cochi & Renato citano nomi consolidati: «Ale & Franz hanno lo stesso gusto nostro per il surreale.

E Antonio Albanese, grande attore, anche lui è un mago del surreale. Poi ci sono i giovanissimi lanciati e difesi da Zelig: giusto così, la ruota gira e deve girare, il linguaggio cambia». E il pubblico, quando i tempi sono difficili, non chiede di meglio di poter ridere.

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