«Giù le mani dal teatro». All'indomani della sentenza della corte d'Appello che ribalta il giudizio in primo grado e sancisce lo sfratto immediato del San Babila dall'immobile di proprietà della parrocchia, il direttore Gennaro D'Avanzo e i dipendenti della storica sala si dichiarano pronti a vender cara la pelle. La stagione, che conta ancora una decina di spettacoli con contratti già stipulati, dovrà avere termine, «a costo di incatenarci nel teatro se dovessero mandarci la forza pubblica durante gli spettacoli - dice D'Avanzo - lo dobbiamo anche ai 3.200 milanesi che hanno pagato pure quest'anno l'abbonamento e su cui abbiamo già versato le tasse».
Ma non sarà questa l'unica risposta alla sentenza choc che, prendendo alla virgola il contratto d'affitto d'impresa stipulato con la parrocchia («che in realtà ha affittato solo i muri alla mia impresa»), non concede la proroga fino al 2020 come previsto dalla legge salva-teatri. Un comitato di intellettuali ha istituito una raccolta di firme e invocherà l'intervento del sindaco e finanche del cardinale Scola «per salvare un teatro storico dove si fa cultura e spettacolo». E non solo. «In un centro storico popolato ormai solo da uffici e che la sera è completamente morto, il San Babila è un raro luogo di aggregazione per tante famiglie soprattutto di residenti». Domani, all'ora della messa, i 16 dipendenti in odore di licenziamento faranno un sit-in davanti alla parrocchia, proprietaria del teatro e di molti altri immobili in San Babila, tra cui alcuni negozi e anche una palestra negli spazi dell'ex oratorio: «Ringrazieremo il parroco Alessandro Gandini che predica il Vangelo e intanto ci fa perdere il posto di lavoro».
D'Avanzo e il comitato presieduto dal regista e scrittore Edmondo Capecelatro e il baritono Arturo Testa chiederanno al sindaco Pisapia una mediazione perchè il teatro possa almeno terminare la stagione senza problemi, pena gravi danni «oltre alla beffa». E chiederanno al Comune anche uno spazio alternativo per un'attività teatrale che registra un ottimo successo di pubblico. «Le istituzioni - dicono i promotori del comitato che sta attirando numerose adesioni dal mondo dello spettacolo, tra cui Anna Mazzamauro e Massimo Dapporto - non possono ignorare l'ennesima perdita di un pezzo di storia culturale della città e, anche se il San Babila non riceve sovvenzioni dal Comune, lo scorso anno il direttore ha ricevuto l'Ambrogino d'oro per la sua attività socio-culturale». La vicenda, in attesa della Cassazione, si preannuncia dunque tutt'altro che chiusa. La TSB, l'azienda che gestisce il teatro dal 2001 di cui D'Avanzo è amministratore unico, firmò con la parrocchia un contratto di affitto d'impresa per 103mila euro l'anno. «Fu un errore da parte nostra accettarlo perchè, come avviene per tutti i teatri d'Italia, l'affitto si riferiva soltanto all'immobile e la mia società ha sempre coperto tutto, dal personale alle attrezzature. I giudici in primo grado lo avevano capito».
In una nota, è arrivata la replica del parroco Gandini che afferma che in realtà la sala non chiuderà, ma intende salvaguardare il diritto di scelta di un nuovo gestore. «Personalmente dubito che il teatro sopravviverà, con i tempi che corrono nel nostro settore e con le cifre d'affitto che monsignore pretende.
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