Coronavirus, il locale in Paolo Sarpi: "Chiudere? Ne apriamo un altro!"

Marco Mazzilli, uno dei tre soci di SottoSotto, ci racconta come il ristorante ha affrontato la "serrata" in Paolo Sarpi: "Contro la crisi, abbiamo proposto cibi ancora più ricercati"

Da sinistra a destra: Angelo Pavone, Morena Cannone e Marco Mazzilli
Da sinistra a destra: Angelo Pavone, Morena Cannone e Marco Mazzilli

Il coronavirus ha trasformato la Chinatown di Milano in un quartiere fantasma. Tutti (o quasi) i commercianti cinesi hanno tirato giù la saracinesca, le vie si sono svuotate di passanti-clienti e a resistere sono rimasti in pochi: sono soprattutto esercenti italiani. Come Marco Mazzilli, Morena Cannone e Angelo Pavone, soci del ristorante-enoteca SottoSotto, in via Albertini, nel cuore di Paolo Sarpi, che - come segnalatoci da SarpiFoodTour - hanno avuto la loro "reazione creativa" alla psicosi collettiva da Covid-19. Si sono inventati un menù (ancor) più ricercato per dire "noi ci siamo, sempre e comunque". E non è tutto, perché il locale non lascia e anzi raddoppia: è prevista una nuova apertura. Perché, come ci racconta Marco al telefono, "al fianco dei nostri amici cinesi, noi non molliamo mai".

Come avete vissuto e affrontato tutto questo?
"Parto da un dato statistico reale: rispetto a una settimana di lavoro standard, abbiamo fatto il 40% in meno di fatturato, subendo decine e decine di cancellazioni. Però, anche se siamo in piena Chinatown, abbiamo la fortuna di lavorare tanto con i residenti italiani di Paolo Sarpi. E quella italiana è una clientela che, vuoi o non vuoi, non si è asserragliata in casa".

Lì, però, causa coronavirus, la situazione è particolare già da gennaio, vero?
"Verissimo. Qua le cose sono cambiate da metà gennaio, non da sabato scorso. Però ci tengo a dire che non è stata vissuta così drammaticamente come si dice in giro. E mi spiace che inizialmente qualcuno abbia dato la colpa ai cinesi: la verità è che qui in Sarpi di casi non ce ne sono. Detto questo, è vero che ora come ora la gente che abita fuori dal quartiere – nel dubbio – qui non ci viene…".

E allora cosa vi siete inventati per reagire?
"Abbiamo promosso soluzioni alternative, come piatti speciali e prodotti ancor più ricercati – un astice di razza particolare o polli di bresse, giusto per fare due esempi culinari – così da (ri)avvicinare i nostri clienti regular. Insomma, per assurdo, abbiamo scelto la via di un cibo ancor più ricercato. Che poi, in realtà, bisognerebbe farlo sempre. Noi abbiamo voluto prendere questo sentiero e comunicare la novità per dire a tutti 'noi ci siamo, sempre e comunque', ovviamente sempre nel rispetto di tutte le norme sanitarie previste dalle ordinanze di regione Lombardia per combattere il coronavirus. La cosa ha pagato, e siamo riusciti a non crollare, tamponando le perdite".

Con gli altri commercianti e ristoratori italiani vi state sentendo? State facendo rete?
"Sì, abbiamo anche una chat comunque su WhatsApp: ci confrontiamo e...siamo tutti sulla stessa barca, ecco. Comunque, oggi ho visto che qualcuno ha (ri)aperto e così il quartiere è un po' meno spettrale. Magari qualcuno lavora un po' di più grazie al delivery, anche se secondo me la gente ora non è tanto intenzionato a farsi portare a casa prodotti che arrivano da Paolo Sarpi. Bisogna stringere i denti, tenere botta e magari inventarsi qualcosa, aspettando che tutto torni alla normalità".

Insomma, positività.

Ma il timore di essere costretti a chiudere c'è?
"Un po' di paura c'è, ma qui non molla nessuno: ci riprenderemo tutti, italiani e cinesi. Siamo qua insieme, tutti i giorni. Noi di SottoSotto ce la faremo. E, anzi, ti dirò di più: stiamo aprendo un altro locale a 50 metri. Altro che lasciare, raddoppiamo!".

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