«Sono andato in analisi anch'io, capisco bene Zeno Cosini. Nel rapporto tra lui e l'analista, nelle pagine che nell'artificio letterario Italo Svevo fa pubblicare per vendetta dal Dottor S, psicoanalista abbandonato dal paziente Zeno, ritrovo tutte le cose problematiche della mia vita». Corrado Tedeschi parla di un sogno diventato realtà: mettere in scena il romanzo La coscienza di Zeno (pubblicato nel 1923), che vediamo da lui interpretato al Teatro San Babila, dal 14 febbraio al 1º marzo. «Per Svevo, il goffo Zeno, abitante della Trieste austroungarica, è un uomo che inciampa nella vita. Si innamora della più bella di quattro sorelle, ma sposa la più brutta. Se ottiene una cosa, ne vuole subito un'altra. Combatte con il vizio del fumo, e le sue ultime sigarette sono infinite. Un uomo fragile, pieno di dubbi, nel quale tutti possiamo rispecchiarci, anche cent'anni dopo la stesura del romanzo».
Tedeschi ama quel libro e quel personaggio fin dal liceo, anche se non ha mai fumato e, dice, «trovo difficoltà ad aspirare sigarette in teatro, ma Zeno lo richiede». In scena, diretti da Marco Rampoldi - amico e sodale di Tedeschi, hanno successo da vent'anni con L'uomo dal fiore in bocca di Pirandello, che debuttò al Parenti -, oltre a Corrado c'è la figlia Camilla.
«Mi sono innamorato - continua l'attore - delle contraddizioni di Zeno, da noi rafforzate sul lato comico e grottesco. L'antieroe di Svevo ci racconta molto di un mondo scomparso e dei primi passi della scienza fondata da Sigmund Freud, che in Trieste ebbe una capitale. Ci sono pagine sconvolgenti, profetiche, visionarie. Zeno dice che un giorno sulla terra non ci sarà più spazio per l'uomo, che l'aria sarà avvelenata. Sembra un ecologista ante litteram, che avrebbe da insegnare a Greta Thunberg. Parla addirittura di ordigni dalla potenza incomparabile, terribili non in quanto inventati dal genio umano, ma perché finiscono nelle mani sbagliate».
Corrado Tedeschi è convinto che il teatro, in primo luogo la scena italiana, secondo lui arretrata rispetto al resto d'Europa, debba rendere fruibili i classici della letteratura. «Purtroppo bisogna combattere con l'analfabetismo di ritorno. E il sistema teatrale non aiuta. Chi dovrebbe tutelare gli attori non lo fa, i teatri funzionano come una rete di scambi, ma senza ossigeno. Per fortuna io ho una bella compagnia, senza nomi e nomini messi apposta in cartellone per attrarre pubblico, trucchetto che detesto. Sono orgoglioso di conquistare spettatori sera dopo sera, contando solo sulle mie forze». Oltre a Zeno, che cosa ci riserva Tedeschi?
«Giro l'Italia con Partenza in salita, lavoro teatrale da un testo di
Gianni Clementi. Sono il maestro di scuola guida di mia figlia Camilla. Poi tornerò con Montagne russe, commedia di Eric Assous, con la bravissima Martina Colombari, che fin da tempi non sospetti ritengo di grandi capacità».
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