Musica senza handicap, il successo di "Eukolìa"

Il complesso, formato da ragazzi Down, suonerà in un concerto dedicato all'ambiente

Musica senza handicap, il successo di "Eukolìa"

C'è un modo di dire che, più o meno, recita «come dico, sbaglio». Facendone la parafrasi, «in qualunque maniera li chiami, sbaglio». Già, perché in questo caso anche l'espressione «diversamente abili» suona maluccio. Figuriamoci «disabili», visto che loro abilissimi lo sono, eccome.

Stiamo parlando dell' ensemble musicale Eukolìa, «rigorosamente con l'accento sulla i», come tiene a precisare una delle fondatrici, Cecilia Secchi, giovane musicoterapeuta classe 1971, milanese di nascita, torinese da studentessa e brembatese d'adozione da sposata, poiché è nella cittadina a dieci chilometri da Bergamo che ha scelto di vivere, con il marito Ugo, la figlia («molto intonata», precisa fieramente) e due cagnoline che, diversamente, forse avrebbero avuto una brutta sorte.

Una a cui lo studio non fa certo paura, la professoressa Cecilia: dopo essersi diplomata nel 1993 (tre anni dopo l'esame di maturità al liceo classico Carducci di Milano) presso i corsi Cemb (Centro educazione musicale di base) della Regione, si butta a capofitto nel mondo della musicoterapia, alternando lavoro a continua formazione e arrivando, nel 2002 (quattro anni prima della laurea in Psicologia, conseguita ai piedi della Mole), ad iscriversi al registro nazionale dell'Aim, l'Associazione italiana musicoterapia.

Ma è il 2003 quando Cecilia (che suona il flauto traverso, la chitarra e il pianoforte) decide, insieme a due colleghi educatori professionali, amanti pure loro della musica, il polistrumentista Giuseppe Lapalorcia e Giorgio Crespi, di fondere la comune passione per il pentagramma e l'esperienza professionale di quattro cooperative sociali (Archè di Inzago, Castello di Trezzo sull'Adda, Il Sorriso di Carugate e Insieme di Melzo) in un progetto, Eukolìa, appunto. «Rigorosamente con l'accento sulla «i» - incalza Cecilia - perché anche foneticamente la traduzione indica la bellezza di questa parola, buonumore». Un progetto che porta a mettere insieme una ventina di ragazzi «diversamente abili» provenienti dalle quattro cooperative per formare un ensemble musicale.

Come tutte le start up (c i perdoni l'Accademia della Crusca, che lamenta un eccessivo uso degli anglicismi, ndr), anche quella di Eukolìa è un po' in sordina. Passano sei anni, la squadra si allarga e, con Cecilia, Giorgio e Giuseppe, cominciano a lavorare altri esperti (oggi del gruppo fanno parte anche Cristina Moretta, Daniele Erba, Simona Caglio e la giovane violinista Francesca Pisanu) e, dalle cover, l' ensemble strumental-vocale passa a brani di propria composizione. A dare il la (è proprio il caso di dire), un quadro: «È il 2009. Un pomeriggio sono con Stefania, una ragazza con sindrome di Down. Stefania, che nel corso delle attività del centro che frequenta, mostra interesse per l'arte, è attirata da un quadro di Mirò, L'ala dell'allodola circondata dal blu dell'oro si incontra col cuore del papavero che dorme sul prato adorno di diamanti. Stefania comincia ad appuntare su un taccuino le sensazioni che quel quadro le trasmette, annotando delle parole: “Vedo un gufo grigio”, “Seme di girasole”, “Vedo una striscia nera”». Stefania è un fiume in piena, ne nasce una poesia che Cecilia mette in musica: è la genesi del primo inedito di Eukolìa, Le ali dell'allodola, un brano a scoltato (e apprezzato) da un certo Eugenio Finardi. Un inedito a cui ne fanno seguito altri, all'insegna del motto «Allora si può fare».

L'anno successivo, il 2010, l'altra grande svolta. Era appena trascorso il decennale dalla morte di Fabrizio De André. E le cover sono diventate un concerto, tributo al grande cantautore genovese, che ha portato Eukolìa ad esibirsi in oltre cinquanta concerti, anche oltrefrontiera: esempio è il Festival Integr-Arte di Lugano. Siamo nel 2015, anno di Expo: Cecilia, Giorgio, Giuseppe, Cristina, Daniele, Simona e Francesca e i loro venti talenti potevano rimanere fuori dalle iniziative della grande Esposizione Internazionale? Certo che no.

Così ecco un concerto, il 5 giugno, alla Cascina Triulza, con un repertorio che richiama le tematiche del rispetto delle risorse del pianeta e della loro equa distribuzione. Un repertorio inedito. E per favore smettiamola di chiamarli «disabili».

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