Ecco i signori dell'eroina. Dietro la nuova invasione c'è la mafia albanese

Centinaia di chili in tutto il Nord e in Svizzera. Svelata la rete che ne gestisce l'importazione

Ecco i signori dell'eroina. Dietro la nuova invasione c'è la mafia albanese

Si muore a ripetizione, nelle strade milanesi dell'eroina, e torme di «tossici» tornano a vagabondare elemosinando i soldi per il «buco». Dietro questo brusco ritorno agli anni Ottanta, quando il flagello della droga falciava cento morti all'anno, ci sono nuovi signori. Non più i boss calabresi e siciliani che si sparivano tanto i canali di importazione quanto il controllo delle piazze. Oggi comandano gli albanesi. Sotto di loro, a controllare lo spaccio al dettaglio, sono i gambiani. Una etnia chiusa, compatta, ma inesorabilmente subalterna agli albanesi. Sono loro, i gangster venuti da Durazzo e Tirana, a tirare le fila. Sotto la loro guida, Milano è tornata ad essere l'hub dell'eroina non solo per il nord Italia ma anche per la Svizzera. E in Lombardia la mafia albanese è arrivata a stabilire anche gli impianti di lavorazione, il sintomo vero della potenza organizzata.

Raccontano uno scenario allarmante, le carte dell'operazione «Aquila Nera», con cui la settimana scorsa la Guardia di finanza ha tirato le somme di tre anni di intercettazioni, pedinamenti e sequestri. Ci sono sedici nomi, tutti di albanesi, molti dei quali impiantati da temo in Lombardia, tra Milano e Como. Manca, nell'elenco, il nome più importante. È quello di un cinquantenne residente a Durazzo, sulla costa adriatica. Il suo nome è Fatos Bakaj, ma si fa chiamare Piro. In Italia bazzica da quasi vent'anni, dall'epoca degli sbarchi di massa con le navi ed i gommoni. Già nel 2004 trafficava a Roma, venne fermato, portato in carcere: tempo tre anni gli diedero un permesso premio dal carcere di Modena, lui ovviamente svanì e tornò a darsi da fare. Nel 2011 la Procura di Milano lo incriminò di nuovo, l'anno dopo la polizia albanese lo catturò a Durazzo. Nel 2013 è stato consegnato in Italia ed è in carcere a Saluzzo. Ma è lui che continua ad essere il capoja, il punto di riferimento dei traficant e dei mafjos che hanno fatto irruzione nel mercato della droga in Lombardia, lasciato sguarnito dalle retate a ripetizione che hanno spedito in cella la criminalità italiana.

A lungo le gang shiptare hanno portato soprattutto marijuana, coltivata quasi alla luce del sole nell'entroterra albanese, e trasportata in Italia con i gommoni che - grazie alla esperienza acquisita traghettando immigrati clandestini - fanno la spola sull'Adriatico. Migliaia di chili di «erba» sbarcano a Bari e a San Benedetto del Tronto e risalgono la penisola. Ma ora i traficant puntano in grande stile sull'eroina, grazie ai canali che si sono aperti con le zone di produzione in Afghanistan. Sono gli albanesi a portare in Lombardia eroina a basso costo. È grazie a loro se la «roba» sta entrando prepotentemente nel mercato, richiamando in servizio vecchi consumatori e arruolandone di nuovi.

Nell'orbita di «Piro» Bakaj si muove, per esempio, Shkelzen Tafa, classe 1980, che nell'operazione «Aquila Nera» risponde di ben quattordici capi d'accusa. Tafa e sua moglie Adelina abitano a Como, in via Varesina, e la loro casa è diventato il centro di smistamento dei carichi destinati al mercato svizzero. Casa Tafa è magazzino ma anche laboratorio, visto che a dicembre 2013, quando lo arrestano, Shkelzen ha con sé due chili di eroina ma soprattutto cinquanta chili di sostanza da taglio. È un quantitativo che si spiega solo con decine di chili di eroina pura da lavorare e immettere nel mercato.

Le indagini delle Fiamme gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano hanno individuato anche i canali lungo i quali si muovono i capitali delle organizzazioni. L'uomo chiave si chiama Alban Shehu, abita anche lui dalle parti di Como, e si occupa di ritirare periodicamente in Svizzera i pagamenti dell'eroina spedita oltreconfine. È lui a fare poi arrivare, con corrieri o canali finanziari, il denaro in Albania, a suo padre Tomorr che, dedotta la commissione per il servizio, gira la somma ai boss delle organizzazioni locali.

Soltanto nel periodo inquadrato dalla Guardia di finanza, Shehu padre e figlio movimentano oltre un milione e mezzo di euro: è il corrispettivo di quasi un quintale di eroina, al prezzo corrente in Albania. Nelle «bustine» che i gambiani spacciano sulle piazze milanesi, di quella «roba» c'è meno del dieci per cento. Il conto del colossale business è presto fatto.

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