Rivendica il ruolo delle regioni, la sua in particolare Attilio Fontana intervenuto in videoconferenza con il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci e Michele Emiliano presidente della Regione Puglia al Meeting di Rimini sul tema «Alta specializzazione, presenza territoriale, inclusività: le sfide di una sanità per tutti». La considerazione di partenza è che con la pandemia è esploso il problema della gestione del sistema sanitario: se le malattie infettive come il Covid-19 non possono essere gestite da più di 20 sistemi sanitari indipendenti e autoreferenziali, pensare di intervenire centralisticamente vuol dire inefficacia, mancanza di flessibilità e capacità di leggere le situazioni. «Siamo partiti da una situazione drammatica e siamo riusciti a dare delle risposte assolutamente importanti e utili per poter rientrare nella normalità» rivendica Fontana.
Ecco dunque che la premessa presta il fianco al grande tema dell'autonomia, che Fontana usa come scudo alle critiche sulla gestione dell'emergenza: «Se fossimo partiti con quella maggiore autonomia che richiediamo da tempo si sarebbero potuti sicuramente evitare degli errori, avremmo avuto una squadra più compatta». Scudo per errori commessi, ma anche strumento dai risvolti pratici immediati: «Se avessi potuto assumere medici e infermieri per i quali avevo le risorse, avremmo potuto dare delle risposte ancora migliori».
La pandemia ha messo in luce la vecchia piaga della mancanza di una programmazione della formazione tradotto il numero chiuso a medicina. «Investire e dare più spazio anche al fatto che ci sia un maggior numero di medici - spiega Fontana - che possano laurearsi e specializzarsi nel nostro Paese, il numero chiuso dovrà forse essere un po' rivisto, oggi noi abbiamo anche carenza di personale sanitario». Non solo, «forse bisogna avere il coraggio di cercare di rendere più rapide le procedure». Tradotto: eliminare la burocrazia. « Se la Regione Lombardia da quando decide di realizzare un ospedale al momento in cui posa la prima pietra, senza che non ci siano interruzioni di carattere giudiziario, ha bisogno di 4 anni io dico che c'è qualcosa che non funziona».
Due le sfide di questi giorni: contenere i contagi - «si stanno vedendo numeri che non lasciano del tutto tranquilli, il lavoro di monitoraggio territoriale al quale i nostri tecnici stanno dedicando grandissima attenzione è fondamentale per individuare e circoscrivere i focolai» e di conseguenza permettere ai ragazzi di tornare a scuola. Anche su questo il governatore lùmbard non ha nascosto la sua angoscia: «C'è un tema a monte che non è stato affrontato, ossia come portare a scuola i nostri ragazzi. Da mesi sto denunciando il fatto che il servizio pubblico locale, con le attuali regole, non sarà in grado di portare tutti a lavoro o a scuola, se non si riuscirà ad ottenere una diversificazione degli orari di inizio per le diverse attività».
Il tempo stringe, all'orizzonte la
consapevolezza che «non possiamo come Paese rinunciare alla riapertura delle scuole e delle università, perché rischiamo di far perdere, al di là della credibilità, ai nostri ragazzi una cosa fondamentale: la socialità».
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