La frase choc del medico indagato «Chi entra in ospedale è già morto»

La frase choc del medico indagato «Chi entra in ospedale è già morto»

Una lunga malattia. Le cure, estenuanti e dolorose. E infine la morte. Ora, anche un'inchiesta della Procura per fare luce sul decesso di una donna curata allo Ieo, l'Istituto europeo di oncologia fondato dal professor Umberto Veronesi, centro medico di eccellenza e luogo di speranza per migliaia di persone colpite da tumore. Ipotesi di reato: omicidio colposo. E indagato è Franco Nolé, direttore dell'Unità di cure mediche del centro di via Ripamonti, specializzato - si legge nel suo profilo - nello «studio e la cura del carcinoma mammario metastatico con particolare riguardo allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche nella malattia avanzata», un percorso professionale che dagli esordi nella divisione di oncologia medica dell'Istituto nazionale tumori di Milano è approdato a una dei più prestigiosi e rinomati centri per la cura delle neoplasie. Nolé, dunque, è stato denunciato dal marito della signora. Che in un esposto ora contenuto nel fascicolo aperto dal pubblico ministero Piero Basilone racconta il penoso calvario verso la fine. E una frase - terribile - che Nolé gli avrebbe detto perché si rassegnasse alla scomparsa della moglie. «Chi entra allo Ieo è già morto».
Proprio per un tumore al seno, la paziente era entrata allo Ieo nel lontano 2008. Quell'anno, venne sottoposta a un intervento di asportazione della mammella. Sembrava essere andato tutto bene. La storia raconta altro. Di lì a qualche anno - siamo nel 2011 - compaiono di nuovo i sintomi della malattia. La donna torna all'Istituto di oncologia, e nel 2012 viene sottoposta a un primo ciclo di chemioterapia. Ma non è abbastanza. I medici, infatti, decidono che la cura deve essere ripetuta anche nei primi mesi di quest'anno. Senza che risulti efficace. Perché la signora muore il 21 giugno scorso all'età di 66 anni. Secondo il marito, però, i sintomi patiti dalla donna sarebbero male interpretati, così come sarebbero state sbagliate sia la diagnosi sia la terapia. E così, assistito dall'avvocato Benedetto Tusa, l'uomo ha presentato una denuncia in Procura. E a fare più impressione è proprio quella frase ripostata nell'esposto, che sarebbe stata pronunciata da Nolé. «Chi entra allo Ieo è già morto». Parole non rilevanti da un punto di vista penale, ma spietate e in totale contraddizione con la missione stessa dell'Istituto di oncologia riassunta nella carta dei servizi: «Una delle nostre priorità è l'attenzione a erogare prestazioni di alta qualità ponendo al centro del percorso assistenziale i bisogni del paziente».


Ad ogni modo, nelle scorse settimane il pm Basilone ha disposto l'acquisizione della cartella clinica della paziente, per capire se effettivamente da parte di Nolé e del suo staff ci sia stata - per usare l'arida formula utilizzata nei casi di colpe mediche - «negligenza o imperizia» nella cura della donna. Resta, al momento, la pesante accusa di omicidio colposo contestata al dottore, e la denuncia di un uomo che non si è rassegnato alla scoparsa della moglie.

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