Concluso il periodo natalizio, i teatri milanesi stanno cominciando la nuova annata all'insegna di tre grandi interpreti: Roberto Herlitzka, Massimo Dapporto e Paola Pitagora.
Fino al 19 gennaio, al Teatro Franco Parenti, Herlitzka narrerà la storia di un pianista grande nel suo fallimento: quel «Soccombente» che dà il titolo a un lancinante romanzo di Thomas Bernhard, nel quale viene riletta in controluce la figura di Glenn Gould.
Il 19 sarà anche l'ultimo giorno per vedere al Carcano l'«Otello» impersonato da Dapporto: l'Otello ovvero, secondo il regista Nanni Garella, il dramma shakespeariano che meglio si presta a essere considerato «un grande dibattito sulla fragilità della natura umana».
Domani invece il palcoscenico del San Babila accoglierà il debutto della Pitagora nelle vesti di «Honour», la scrittrice di successo, moglie di un rispettato esponente dell'establishment culturale anglosassone, attorno a cui ruota il bel testo dell'autrice australiana Murray Smith: la storia della dissoluzione di una famiglia (in cartellone fino al 19 gennaio) raccontata con i toni di una spiazzante commedia, particolarmente efficace nello sgretolare gli stereotipi della vita di coppia.
L'altro grande debutto che si terrà domani riguarda un classico del teatro americano del '900. Diretto da Elio de Capitani, «Morte di un commesso viaggiatore» di Arthur Miller, in scena all'Elfo Puccini sino al 2 febbraio, è uno spettacolo che prosegue in quell'approfondimento del rapporto tra generazioni (e dell'affievolirsi dell'autorevolezza dei padri) che caratterizza la poetica della compagnia dell'Elfo. Nella lettura di De Capitani, questo testo-cardine della drammaturgia novecentesca prende di mira il «meccanismo di trasmissione delle illusioni» che alimenta il sogno americano. Sui suoi due figli, infatti, il «commesso viaggiatore» Loman, a un soffio dal fallimento professionale ed esistenziale, proietta aspettative e fallimenti, sino a minarne l'equilibrio e la felicità: «Ecco il prodigio, il prodigio di questo Paese - sostiene Loman - : che un ragazzo possa finire coperto di diamanti anche solo grazie alla sua popolarità, al suo sorriso!».
L'America anni '40 che fa da sfondo al dramma di Miller è all'incirca la stessa nella quale è ambientato il capolavoro di Tennessee Williams in calendario sino al 24 gennaio al Tieffe Menotti: nella versione di Arturo Cirillo, «Lo zoo di vetro» accentua la componente onirica e sprofonda in «una luce non realistica, quasi pittorica», che serve a far percepire la vicenda come una sorta di «album di famiglia troppe volte sfogliato».
Ben altra luminosità irrora «Il colore dei gesti.
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