Questa è una storia che inizia molto tempo fa. Nel 1965, per la precisione. Anni del boom e di speranze. Crescita e faville. Allora, Carlo Orsi era un ragazzo di 24 anni con tanti sogni in tasca e una macchina fotografica al collo. Lavorava per Ugo Mulas, una delle firme più note dei clic di casa nostra. Girò Milano, la sua città. E scattò i controluce più struggenti di quella metropoli in fasce che stava diventando grande. Tra infinite difficoltà. Luci e ombre. Miseria e nobiltà. Confronti e contraddizioni. Perché il futuro ha le tinte forti del progresso. Ma il presente, quel presente di anni Sessanta a metà, aveva le tracce di un passato funesto.
Furono frammenti. Divennero perle. E finirono in un libro. Oggi introvabile. S'intitolava. Semplicemente. Milano . Intorno a quelle immagini stavano parole. Prosa d'autore. Dino Buzzati. Un cronista-scrittore che descriveva la «sua» città. L'occhio di Orsi che la «impressionava». Una coppia assortita. Ed età diverse. La penna di 59 anni. La reflex di 24.
La vita decise che, di lì a poco, il romanziere se ne andasse. Lo rapì un male che non perdona. Era il '72. Il fotografo invece è cresciuto. Tra le pieghe di un capoluogo che lo ha sempre affascinato. L'uno e l'altra sono diventati adulti insieme. Milano ha cullato Orsi. Orsi ha ritratto Milano.
Sono passati cinquant'anni. Oggi. Mezzo secolo che ha lasciato tracce profonde nell'architettura dell'una e nell'occhio dell'altro. Il ventiquattrenne di allora è un signore attempato. Con la mano ferma. L'occhio vigile. E il bianco e nero che non va più di moda, ma esercita una seduzione inalterata. Il fotografo non ha dimenticato quell'esercizio di stile di tanti decenni prima. La nuova Milano lo ha invitato.
È nato così un nuovo libro, con lo stesso titolo di tanti anni fa. Lo pubblica Skira (80 euro) con il patrocinio di Unicredit che stasera, alle 18.30, nel suo Pavilion di piazza Gae Aulenti, lo presenta e lo mette in mostra. L'esposizione sarà aperta al pubblico con ingresso libero per due fine settimana. Sabato 5 e 12, domenica 6 e 13 dalle 10 alle 19. Include 65 scatti, forse un omaggio a quell'anno della prima uscita.
Il bianco e nero è rimasto. Come i chiaroscuri. A testimoniare ancora luci e ombre. Miseria e nobiltà. Confronti e contraddizioni. Dagli anni Sessanta al terzo millennio. Milano a colori ritratta con un bicromatismo d'antan. Il progresso, con lo stile desueto di ieri. Ma seducente come quello di domani. Appaiono grattacieli che non c'erano. Skyline era una parola ignota. I pugni chiusi da quarto Stato hanno fatto in tempo ad alzarsi e abbassarsi. Ma i nonni e le bambine che osservano i quadri sono rimasti gli stessi. E la povertà ha un volto straniero.
Sono cambiati i testi. Li firma lo scrittore e poeta del Varesotto, Aldo Nove, che di anni ne ha 48. Parti capovolte. Oggi scrive il giovane. E il vecchio fotografa. Non ci sono colori. Ma forse Milano non ha colore. Ha cuore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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